Incontro Putin Netanyahu: cambiano gli assetti strategici in Medio Oriente

«Siamo perfettamente d’accordo che il rischio di un Iran con armi nucleari sia troppo elevato e che non bisogna permettere a Teheran di dotarsene». Questa in estrema sintesi la dichiarazione congiunta fatta da Putin e Netanyahu alla fine dell’incontro di 90 minuti nel quale oltre all’Iran si è parlato della situazione in Medio Oriente (Egitto e Siria), di accordi sulle forniture di gas a Israele e di una soluzione a sorpresa per lo sfruttamento degli immensi giacimenti di gas al largo di Cipro.

Ma andiamo con ordine perché le cose discusse ieri tra i due leader sono di particolare importanza e, sotto certi aspetti, persino sorprendenti per certi pensieri espressi da Putin su quello che sta avvenendo in Medio Oriente e sulle soluzioni prospettate.

Partiamo dalla vicenda del nucleare iraniano – Detto che anche la Russia ritiene che sia molto pericoloso e inammissibile concedere all’Iran di dotarsi di armi nucleari, Putin si è detto molto preoccupato del fatto che Israele possa effettuare un blitz contro le centrali atomiche iraniane. Il Presidente russo la ritiene “una mossa azzardata” da usare “solo come ultima opzione”. Per convincere Netanyahu delle sue idee, Putin ha raccontato alcuni sviluppi avvenuti dietro le quinte dei colloqui sul nucleare tra il gruppo dei 5+1 e l’Iran. Il Presidente russo ha negato che la Russia sia un “attore passivo” e ha detto che Mosca alla prossima riunione che si terrà in Turchia presenterà un piano che permetta di controllare con estrema sicurezza lo sviluppo del nucleare iraniano, un piano che va molto oltre la linea permissivista improntata dal duo Ashton-Jalili  e che si avvarrà di notizie di intelligence che superano di gran lunga le conoscenze americane sul livello di sviluppo raggiunto dagli iraniani nel settore militare. Per questo ha invitato Israele ad avere pazienza e a “non avere fretta di attaccare”. Putin ha poi dato garanzie sul fatto che la Russia non consegnerà all’Iran né i missili antiaerei S-300 (ordinati da Teheran diverso tempo fa) né altri sistemi d’arma avanzati.

La situazione in Medio Oriente – Putin si è detto molto preoccupato dell’espansione dell’islam integralista in Medio Oriente e individua in questo (forse non a torto) l’immediato pericolo che Israele dovrà affrontare. I Fratelli Musulmani controllano l’Egitto e attraverso il partito islamico Ennahda (legato alla Fratellanza Musulmana) anche la Tunisia. Presto potrebbero controllare anche la Libia e la Siria mentre stanno lavorando ai fianchi del regno del Marocco e di quello della Giordania. Di questa situazione ha incolpato senza mezzi termini il duo Obama-Erdogan che da mesi lavorano proprio all’avvento della Fratellanza Musulmana, ritenuta da USA e Turchia una “forza moderata” in grado di istituire una “democrazia islamica di tipo turco”. Putin ritiene che il percorso democratico che si ventilava all’inizio delle primavere arabe sia stato interrotto dall’intromissione di USA e Turchia, la stessa intromissione che sta avvenendo in questi giorni in Siria. Il Presidente russo, pur condannando senza riserve la dura repressione siriana, ritiene che il percorso vero la democrazia di un Paese debba avvenire senza intromissioni esterne, «altrimenti – dice Putin – si finirà per ottenere un risultato come quello iracheno che dopo anni di guerra ha consegnato il paese all’Iran». Il rischio quindi che si passi “dalla padella alla brace” è molto concreto. Putin ritiene la sponsorizzazione dei Fratelli Musulmani da parte di Barack Obama, “una minaccia strategica alla sicurezza nazionale russa” in quanto potrebbe riaccendere la lotta dell’islam radicale in Caucaso. Insomma, la Russia si sente vicina a Israele nel giudicare i Fratelli Musulmani una minaccia concreta alla sicurezza nazionale. Putin non ha fatto mistero di disapprovare completamente la politica pro-islamica di Barack Obama in Medio Oriente.

Fornitura di gas russo a Israele – I due leader hanno parlato anche della possibilità concreta che con l’avvento dei Fratelli Musulmani in Egitto vengano tagliate le forniture di gas a Israele, magari con la scusa di rivedere i vecchi contratti firmati da Gerusalemme con Mubarak. Putin si sarebbe detto pronto a subentrare all’Egitto nella fornitura di gas a Israele nel caso i Fratelli Musulmani decidessero di interrompere la fornitura oppure che gruppi terroristi facciano esplodere le condutture di gas nel Sinai, fatto questo più volte avvenuto lo scorso inverno proprio per interrompere le forniture a Israele.

Avvicinamento dell’Egitto all’Iran – Non sono piaciute a Putin e a Netanyahu le dichiarazione di Mohamed Morsi fatte alla agenzia di stampa iraniana FARS, secondo le quali il neo Presidente egiziano “è impegnato a rafforzare i legami con l’Iran per costruire un nuovo equilibrio strategico nella regione”. L’Egitto controlla il Canale di Suez mentre l’Iran controllo lo Stretto di Hormuz, due punti estremamente strategici. Il rischio che un accordo tra Iran ed Egitto possa portare ad una sorta di ricatto alla comunità internazionale che limiti l’accesso delle due più importanti vie di comunicazione marittime del mondo, è visto da Israele e Russia come “un concreto rischio strategico”. E’ troppo presto per parlarne, ma Netanyahu con Putin è stato molto chiaro in merito: Israele non può permettere né alcuna limitazione al traffico nel Canale di Suez né che la Penisola del Sinai divenga un porto franco per terroristi e per il traffico di armi verso Gaza. Gerusalemme ha restituito il Sinai e il controllo di Suez all’Egitto a precise condizioni. Se vengono meno quelle condizioni Israele valuterà tutte le opzioni a sua disposizione per difendere gli interessi e la sicurezza nazionale.

Sfruttamento dei giacimenti di gas al largo di Cipro – Putin avrebbe offerto a Netanyahu la collaborazione di una o più aziende russe per lo sfruttamento dei giacimenti di gas scoperti allargo delle coste cipriote ed israeliane, giacimenti che rivendica anche la Turchia. La Russia riconosce quindi validi gli accordi intercorsi tra Israele e la parte libera di Cipro sullo sfruttamento dei grandissimi giacimenti di idrocarburi, accordi che invece Ankara considera illegittimi (non si sa su quale base). Per questo Putin si è detto d’accordo con il Governo israeliano sulla necessità di schierare alcuni F16 nella base aerea cipriota di “Andreas Papandreou” a difesa degli interessi israeliani contro la prepotenza turca. Anche in questo caso la linea di Putin si scontra frontalmente con quella di Obama, più propenso a sostenere la Turchia e fortemente contrario al dispiegamento di aerei israeliani nell’isola di Cipro.

Concludendo, Russia e Israele sono molto più vicini di quanto si pensi su moltissime problematiche medio-orientali. Se si fa eccezione sulla linea da seguire con l’Iran che vede un parziale disaccordo tra Putin e Netanyahu su un eventuale attacco alle centrali nucleari iraniane, pur riconoscendo il fatto che non si possa permettere a Teheran di dotarsi di armi nucleari, per il resto l’intesa è pressoché totale, persino più che con l’alleato storico di Israele, gli Stati Uniti. E’ evidente che di fronte ad un sostanziale cambiamento degli equilibri in Medio Oriente, sia Israele che la Russia (che ha molti interessi strategici nell’area) si debbano adeguare e anche un cambio degli equilibri nelle relazioni tra i due Paesi ei loro principali alleati non è più un tabù.

Noemi Cabitza

  1. E adesso sarà interessante leggere i commenti su IC, notoriamente antiputiniana tutta di un pezzo, dopo questo incredibile dietro front del neo presidente russo. L’opportunismo in politica non finisce di stupire.

  2. E adesso sarà interessante leggere i commenti su IC, notoriamente antiputiniana tutta di un pezzo, dopo questo incredibile dietro front del neo presidente russo. L’opportunismo in politica non finisce di stupire.

  3. Se quello che sostiene la giornalista, circa il tenore dei colloqui tra Putin e Netanyiahu, corrisponde a verità – e non ho motivo di dubitarne- vorrebbe dire che la Russia attuale teme di perdere per consunzione l’alleato strategico siriano.
    Non solo, ma che pensi in qualche modo di rimpiazzarlo attraverso un necessario accordo strategico con Israele.
    C’é da dubitare che quest’ultimo voglia fare il cambio dell’alleato USA con la Russia di Putin.
    La diffidenza é opportuna. E comunque i buoni rapporti con Washington sono indispensabili.
    Tuttavia Israele non é costretto ad una scelta di tipo esclusivo.
    Potrebbe anche realizzare un triangolo inedito, alla faccia di Obama, il modernizzatore democratico che, a quel che dice, sta consegnando volentieri il nord Africa ai Fratelli Musulmani.
    Nota storico-satirica.
    Quello che non riuscì a Stalin, pur avendo riconosciuto nel 1948 in ventiquattr’ore lo Stato di Israele, potrebbe riuscire almeno in parte allo zar Putin, spalleggiato dal fido Presidente degli USA:
    finalmente un’alleanza, seppur parziale, con lo “Stato Sionista”!
    Non certo in funzione antioccidentale, che era la mira staliniana, e che comunque anche oggi sarebbe pretendere troppo.
    Ma in fondo:
    chi si accontenta gode!
    Specialmente se la competizione non é più ideologica.
    Mai dire mai!

  4. Se quello che sostiene la giornalista, circa il tenore dei colloqui tra Putin e Netanyiahu, corrisponde a verità – e non ho motivo di dubitarne- vorrebbe dire che la Russia attuale teme di perdere per consunzione l’alleato strategico siriano.
    Non solo, ma che pensi in qualche modo di rimpiazzarlo attraverso un necessario accordo strategico con Israele.
    C’é da dubitare che quest’ultimo voglia fare il cambio dell’alleato USA con la Russia di Putin.
    La diffidenza é opportuna. E comunque i buoni rapporti con Washington sono indispensabili.
    Tuttavia Israele non é costretto ad una scelta di tipo esclusivo.
    Potrebbe anche realizzare un triangolo inedito, alla faccia di Obama, il modernizzatore democratico che, a quel che dice, sta consegnando volentieri il nord Africa ai Fratelli Musulmani.
    Nota storico-satirica.
    Quello che non riuscì a Stalin, pur avendo riconosciuto nel 1948 in ventiquattr’ore lo Stato di Israele, potrebbe riuscire almeno in parte allo zar Putin, spalleggiato dal fido Presidente degli USA:
    finalmente un’alleanza, seppur parziale, con lo “Stato Sionista”!
    Non certo in funzione antioccidentale, che era la mira staliniana, e che comunque anche oggi sarebbe pretendere troppo.
    Ma in fondo:
    chi si accontenta gode!
    Specialmente se la competizione non é più ideologica.
    Mai dire mai!

  5. L’accusa maggiore che fate ai pacifisti è uella di parlare solo d’Israele e ignorare ciò che accade in Iran, Sudan o Siria.
    Allo stesso modo voi in questo articolo sembrate elogiare Putin per una presunta possibile alleanza con Israele, tralasciando il fatto che sia un dittatore di fatto che governa da 20 anni, che proviene dal cuore più nero degli apparati statali sovietici e che fa ammazzare i giornalisti d’opposizione.
    I romani dicevano che “pecunia non olet”, in questo caso non stiamo parlando di soldi, ma il concetto è molto simile.

  6. L’accusa maggiore che fate ai pacifisti è uella di parlare solo d’Israele e ignorare ciò che accade in Iran, Sudan o Siria.
    Allo stesso modo voi in questo articolo sembrate elogiare Putin per una presunta possibile alleanza con Israele, tralasciando il fatto che sia un dittatore di fatto che governa da 20 anni, che proviene dal cuore più nero degli apparati statali sovietici e che fa ammazzare i giornalisti d’opposizione.
    I romani dicevano che “pecunia non olet”, in questo caso non stiamo parlando di soldi, ma il concetto è molto simile.

  7. la piroetta di putin merita di essere analizzata attentamente, non tanto in base alle dichiarazioni dei vari soggetti, ma degli interessi strategici dei loro rispettivi stati.
    Partiamo da un presupposto, esiste una guerra non dichiarata tra usa (e molto più timidamente europa) e potenze emergenti.
    gli usa come ogni superpotenza, una volta divenuta egemone lotta, a livello politico, economico e militare, per rimanere tale.
    Oggi l’egemonia usa non è più oggettivamente possibile, perchè le economie, le popolazioni e la forza degli stati “non allineati” supera enormemente quella, discendente, dell’ex impero usa.
    La politica obamiana è a mio avviso caratterizzata da questa consapevolezza che mancò a bush. Il secondo tentò di riconquistare una posizione di superiorità rafforzando il proprio dominio in medio oriente. lo scopo era quello di occupare iraq e iran e di sostituire i remigimi con governi alleati (o meglio subordinati) a washington. Il motivo era controllare la potenza di cina e russia, la prima chiudendo i rubinetti del petrolio, la seconda avendo alleati armati alle sue frontiere.
    Il piano è fallito miseramente in Iraq, si sono spesi miliardi e miliardi di dollari, 5000 morti americani e un nulla di fatto. Obama sa bene che non può riproporre lo stesso in iran perchè la sconfitta sarebbe ancora più devastante (se si tentasse un’occupazione e un cambio di regime, se invece ci si limitasse a qualche bomba si rimanderebbe il problema ma ci si inimicherebbe ulteriormente mezzo mondo e si dovrebbe sloggiare di corsa dall’iraq causa rappresaglie).
    in questo contesto la russia era sempre stata contro gli usa, volendo lei tutelare le proprie postazioni in medioriente.
    Ora credo che le ipotesi siano due:
    o la russia ha paura che l’iran, da alleato minore, possa in breve tempo diventare, grazie all’avvento dei fratelli musulmani ovunque, iil baricentro di una nuova grande potenza islamica, concorrente dunque di mosca, pechino, bruxelles e washington, e non un satelllite russo. Oppure la possibilità è che putin bleffi, come ha spesso fatto, intendendo evitare un attacco israeliano e garantire a teheran di dotarsi dlell’atomica per poter poi tornare al tavolo delle trattative da una posizione di forza.

  8. la piroetta di putin merita di essere analizzata attentamente, non tanto in base alle dichiarazioni dei vari soggetti, ma degli interessi strategici dei loro rispettivi stati.
    Partiamo da un presupposto, esiste una guerra non dichiarata tra usa (e molto più timidamente europa) e potenze emergenti.
    gli usa come ogni superpotenza, una volta divenuta egemone lotta, a livello politico, economico e militare, per rimanere tale.
    Oggi l’egemonia usa non è più oggettivamente possibile, perchè le economie, le popolazioni e la forza degli stati “non allineati” supera enormemente quella, discendente, dell’ex impero usa.
    La politica obamiana è a mio avviso caratterizzata da questa consapevolezza che mancò a bush. Il secondo tentò di riconquistare una posizione di superiorità rafforzando il proprio dominio in medio oriente. lo scopo era quello di occupare iraq e iran e di sostituire i remigimi con governi alleati (o meglio subordinati) a washington. Il motivo era controllare la potenza di cina e russia, la prima chiudendo i rubinetti del petrolio, la seconda avendo alleati armati alle sue frontiere.
    Il piano è fallito miseramente in Iraq, si sono spesi miliardi e miliardi di dollari, 5000 morti americani e un nulla di fatto. Obama sa bene che non può riproporre lo stesso in iran perchè la sconfitta sarebbe ancora più devastante (se si tentasse un’occupazione e un cambio di regime, se invece ci si limitasse a qualche bomba si rimanderebbe il problema ma ci si inimicherebbe ulteriormente mezzo mondo e si dovrebbe sloggiare di corsa dall’iraq causa rappresaglie).
    in questo contesto la russia era sempre stata contro gli usa, volendo lei tutelare le proprie postazioni in medioriente.
    Ora credo che le ipotesi siano due:
    o la russia ha paura che l’iran, da alleato minore, possa in breve tempo diventare, grazie all’avvento dei fratelli musulmani ovunque, iil baricentro di una nuova grande potenza islamica, concorrente dunque di mosca, pechino, bruxelles e washington, e non un satelllite russo. Oppure la possibilità è che putin bleffi, come ha spesso fatto, intendendo evitare un attacco israeliano e garantire a teheran di dotarsi dlell’atomica per poter poi tornare al tavolo delle trattative da una posizione di forza.

  9. L’analisi di Gladiatore mi sembra piuttosto corretta. Personalmente non mi fido di Putin come non mi fido di Obama. Capisco che a un certo livello ci siano “interessi superiori” e che ognuno tenti di portare acqua al suo mulino. Ma il gioco che stanno facendo questi due personaggi è molto pericoloso. Ho l’impressione che qualsiasi sia l’obbiettivo finale l’Iran finirà per avere la sua bomba atomica e per acquistare enorme peso a livello internazionale. Se l’Iran fosse governato da persone per bene non ci sarebbe nulla di male. Il popolo iraniano è storicamente un popolo saggio e colto. Ma a Teheran ci sono gli ayatollah e questo non va bene.

    Ho sempre pensato che la soluzione migliore sarebbe un cambio di regime in Iran ma quando i giovani iraniani si sono sollevati contro il regime sono stati letteralmente e vergognosamente lasciati da soli (a differenza di quanto successo in Libia e in Egitto). Ora temo che sia troppo tardi come temo che Israele sarà costretto, nonostante tutto e tutti, ad agire da solo.

  10. L’analisi di Gladiatore mi sembra piuttosto corretta. Personalmente non mi fido di Putin come non mi fido di Obama. Capisco che a un certo livello ci siano “interessi superiori” e che ognuno tenti di portare acqua al suo mulino. Ma il gioco che stanno facendo questi due personaggi è molto pericoloso. Ho l’impressione che qualsiasi sia l’obbiettivo finale l’Iran finirà per avere la sua bomba atomica e per acquistare enorme peso a livello internazionale. Se l’Iran fosse governato da persone per bene non ci sarebbe nulla di male. Il popolo iraniano è storicamente un popolo saggio e colto. Ma a Teheran ci sono gli ayatollah e questo non va bene.

    Ho sempre pensato che la soluzione migliore sarebbe un cambio di regime in Iran ma quando i giovani iraniani si sono sollevati contro il regime sono stati letteralmente e vergognosamente lasciati da soli (a differenza di quanto successo in Libia e in Egitto). Ora temo che sia troppo tardi come temo che Israele sarà costretto, nonostante tutto e tutti, ad agire da solo.

  11. grazie Annalisa, io penso che non sia questione di fidarsi o meno, ma di modifiche dei rapporti di forza.
    Chiaramente da queste modifiche israele esce indebolito e, probabilmente, in futuro sarà sempre più difficile per israele difendersi dai propri nemici, a meno che non sia così saggio da giocare d’anticipo e cambiare strategia, instaurare buone relazioni con i propri vicini prima che questi siano abbastanza forti da cancellarla, ma probabilmente ci sono vari decenni di ritardo e non è detto sia ancora possibile.
    Per quanto riguarda l’atomica iraniana non penso sia più pericolosa di quella americana (ricordiamoci che gli usa sono stati l’unica potenza al mondo a usare armi atomiche, sia nel 45 che atomiche tattiche dopo, in guerre di aggressione). Ogni stato usa le armi per aquisire peso e status. chiaramente se si vuole tenere schiacciato l’iran (le potenze hanno fatto in medio oriente una politica sostanzialmente colonialista, sia usa che russiia e cina, cercndo di diventare i “padrini” dei vari stati e impedendo una loro vera indipendenza,) allora la sua atomica è una minaccia, ma se gli si riconosce il suo peso allora è tutto diverso.
    Il vero problema è che è in atto uno spostamento immane di ricchezza e potere dall’occidente all’asia.
    turchia, iran, egitto (che tecnicamente è in africa) cina e russia reclamano di avere la loro parte di potere globale, che fino ad ora è stato saldamente in mano agli usa che, come è naturale, non vorrebbero cederlo. Se questo passaggio avverrà pacificamente sarà meglio per tutti, in ogni caso non è possibile evitarlo, con guerre contro l’iran o altri stati emergenti.

  12. grazie Annalisa, io penso che non sia questione di fidarsi o meno, ma di modifiche dei rapporti di forza.
    Chiaramente da queste modifiche israele esce indebolito e, probabilmente, in futuro sarà sempre più difficile per israele difendersi dai propri nemici, a meno che non sia così saggio da giocare d’anticipo e cambiare strategia, instaurare buone relazioni con i propri vicini prima che questi siano abbastanza forti da cancellarla, ma probabilmente ci sono vari decenni di ritardo e non è detto sia ancora possibile.
    Per quanto riguarda l’atomica iraniana non penso sia più pericolosa di quella americana (ricordiamoci che gli usa sono stati l’unica potenza al mondo a usare armi atomiche, sia nel 45 che atomiche tattiche dopo, in guerre di aggressione). Ogni stato usa le armi per aquisire peso e status. chiaramente se si vuole tenere schiacciato l’iran (le potenze hanno fatto in medio oriente una politica sostanzialmente colonialista, sia usa che russiia e cina, cercndo di diventare i “padrini” dei vari stati e impedendo una loro vera indipendenza,) allora la sua atomica è una minaccia, ma se gli si riconosce il suo peso allora è tutto diverso.
    Il vero problema è che è in atto uno spostamento immane di ricchezza e potere dall’occidente all’asia.
    turchia, iran, egitto (che tecnicamente è in africa) cina e russia reclamano di avere la loro parte di potere globale, che fino ad ora è stato saldamente in mano agli usa che, come è naturale, non vorrebbero cederlo. Se questo passaggio avverrà pacificamente sarà meglio per tutti, in ogni caso non è possibile evitarlo, con guerre contro l’iran o altri stati emergenti.

  13. Ho l’impressione che ci sia da parte dei commentatori che mi hanno preceduta una sorta di rassegnazione al “ruolo nucleare dell’Iran”. Ma siete matti? Ma davvero credete che Israele lo permetterà? Se davvero credete questo allora siete pazzi. Qui non c’entrano gli equilibri geopolitici, questa è una questione esistenziale per Israele. Potete fare mille discorsi, l’Iran non avrà la bomba atomica a prescindere da quello che vogliono Putin, Obama, l’Egitto, la Turchia e tutto il mondo musulmano messo insieme.

    Non è che non rispetti le vostre opinioni, solo che credo che saranno superate dai fatti

  14. Ho l’impressione che ci sia da parte dei commentatori che mi hanno preceduta una sorta di rassegnazione al “ruolo nucleare dell’Iran”. Ma siete matti? Ma davvero credete che Israele lo permetterà? Se davvero credete questo allora siete pazzi. Qui non c’entrano gli equilibri geopolitici, questa è una questione esistenziale per Israele. Potete fare mille discorsi, l’Iran non avrà la bomba atomica a prescindere da quello che vogliono Putin, Obama, l’Egitto, la Turchia e tutto il mondo musulmano messo insieme.

    Non è che non rispetti le vostre opinioni, solo che credo che saranno superate dai fatti

  15. Signora Stella, spero tanto che non mi abbia incluso tra i commentatori “precedenti”, che danno per scontato un Iran nucleare; men che meno inoffensivo.
    Sono un commentatore molto elementare, che non é capace come altri di fare analisi “oggettive” ed ineluttabili sulle tendenze mondiali.
    Parto sempre , per abitudine , da presupposti del tutto soggettivi.
    Non credo infatti (ma soggettivamente) che per esempio Israele abbia in precedenza adottato una politica discrezionale, che gli avrebbe alienato la possibilità di essere accettato dai paesi circostanti.
    Credo invece (sempre soggettivamente) che abbia adottato una politica necessitata dalle risultanze empiriche, che emergevano dal comportamento e dalla mentalità dei paesi della regione.
    Credo inoltre che l’Iran rappresenti adesso per Israele il problema più grave da affrontare.
    Se questo problema dovesse davvero essere risolto (meglio con un cambiamento della politica iraniana), allora sì che Israele potrà limitarsi a stare alla finestra per assistere, senza prendervi parte, all’implosione dei paesi arabi, che non hanno alcuna risposta da dare alle loro emergenze economico-sociali.
    Pensi che i paesi della regione avrebbero bisogno per i prossimi dieci anni, secondo alcune analisi non fatte da me, di ottanta milioni di nuovi posti di lavoro!
    E non si tratta di posti di lavoro, che possano reclamare da Israele, nemmeno secondo loro.
    Credo che sia in corso un riassetto nei rapporti di forza nel mondo ( non é una novità), ma non credo ( sempre soggettivamente) che ci sia un cartello dei cosiddetti paesi emergenti con un nemico comune.
    Ognuno seguirà la sua politica con interessi spesso in conflitto con gli interessi di un altro.
    E tuttavia, potrà essere emergente quel paese che saprà produrre innovazione, conoscenza oltre che manifattura competitiva e che sarà in grado di difendersi militarmente dai malintenzionati che vorrebbero appropriarsi o distruggere i frutti del suo lavoro collettivo. Magari piccolo, ma forte e con buone alleanze.
    Israele ha tutti i requisiti per continuare ad esercitare in pace un ruolo propulsivo, basato sul “ merito paziente”, come direbbe Amleto, che si indignava nel vedere tale merito “ preso a calci in faccia dai mediocri”.
    I suoi nemici di tutti i generi devono invece risolvere dei problemi “personali”, che con Israele non hanno niente a che fare.
    Se si saprà difendere dall’Iran, Israele avrà un futuro, rimarrà un paese emergente e avrà perfino rafforzato il suo ruolo regionale in senso progressivo, se proprio ci tiene: ne ha la stoffa, oltre che il diritto.
    Sempre soggettivamente, ma spero in buona compagnia.

  16. Signora Stella, spero tanto che non mi abbia incluso tra i commentatori “precedenti”, che danno per scontato un Iran nucleare; men che meno inoffensivo.
    Sono un commentatore molto elementare, che non é capace come altri di fare analisi “oggettive” ed ineluttabili sulle tendenze mondiali.
    Parto sempre , per abitudine , da presupposti del tutto soggettivi.
    Non credo infatti (ma soggettivamente) che per esempio Israele abbia in precedenza adottato una politica discrezionale, che gli avrebbe alienato la possibilità di essere accettato dai paesi circostanti.
    Credo invece (sempre soggettivamente) che abbia adottato una politica necessitata dalle risultanze empiriche, che emergevano dal comportamento e dalla mentalità dei paesi della regione.
    Credo inoltre che l’Iran rappresenti adesso per Israele il problema più grave da affrontare.
    Se questo problema dovesse davvero essere risolto (meglio con un cambiamento della politica iraniana), allora sì che Israele potrà limitarsi a stare alla finestra per assistere, senza prendervi parte, all’implosione dei paesi arabi, che non hanno alcuna risposta da dare alle loro emergenze economico-sociali.
    Pensi che i paesi della regione avrebbero bisogno per i prossimi dieci anni, secondo alcune analisi non fatte da me, di ottanta milioni di nuovi posti di lavoro!
    E non si tratta di posti di lavoro, che possano reclamare da Israele, nemmeno secondo loro.
    Credo che sia in corso un riassetto nei rapporti di forza nel mondo ( non é una novità), ma non credo ( sempre soggettivamente) che ci sia un cartello dei cosiddetti paesi emergenti con un nemico comune.
    Ognuno seguirà la sua politica con interessi spesso in conflitto con gli interessi di un altro.
    E tuttavia, potrà essere emergente quel paese che saprà produrre innovazione, conoscenza oltre che manifattura competitiva e che sarà in grado di difendersi militarmente dai malintenzionati che vorrebbero appropriarsi o distruggere i frutti del suo lavoro collettivo. Magari piccolo, ma forte e con buone alleanze.
    Israele ha tutti i requisiti per continuare ad esercitare in pace un ruolo propulsivo, basato sul “ merito paziente”, come direbbe Amleto, che si indignava nel vedere tale merito “ preso a calci in faccia dai mediocri”.
    I suoi nemici di tutti i generi devono invece risolvere dei problemi “personali”, che con Israele non hanno niente a che fare.
    Se si saprà difendere dall’Iran, Israele avrà un futuro, rimarrà un paese emergente e avrà perfino rafforzato il suo ruolo regionale in senso progressivo, se proprio ci tiene: ne ha la stoffa, oltre che il diritto.
    Sempre soggettivamente, ma spero in buona compagnia.

  17. per MIlano e Stella,
    premesso che nessuno ha la verità in tasca e che spesso gli eventi futuri sono condizionati da fattori non individuabili io cerco di basarmi sui fatti per immaginare una possibile situazione.
    l’emersione della Cina, ad esempio, era chiara già dagli anni 80 del secolo scorso agli osservatori più attenti, si poteva discettare sul quando sarebbe divenuto un attore globale, non sul se.
    Allo stesso modo il cambio degli assetti di potere è un fatto già in atto, il mondo monopolare americano è finito e, a mio avviso, la data e l’evento che lo ha concluso sono proiorio le sconfitte militari e politiche in medioriente (iraq e afganistan) e da qui il cambio della politica di obama (basti pensare, cosa in passato inimmaginabile, che l’operazione in libia l’hanno voluta e diretta i francesi, Obama si è timidamente accodato).
    Ora per quanto riguarda Israele, anche se mi rendo conto non sia bello per un israeliano sentirselo dire, ma la sopravvivenza dello stato ebraico dipende dal peso e dall’influenza dei suoi alleati e dalla volontà di questi di aiutarlo “costi quel che costi”.
    In passato gli Usa lo hanno fatto, sia diplomaticamente, vietando in sede onu tutte le risoluzioni di condanna a israele, che militarmente, offrendo miliardi di euro in armamenti e intelligence oltre che colpendo i nemici di israele. Ora questo protettore appare sempre più appannato, debole, e meno propenso a battersi per israele.
    Senza di esso le proporzioni sono presto fatte, al dilà della sua straordinaria vitalità e efficienza Israele è uno stato grande come la lombardia, con la popolazione di Roma, con un 25% di “alitri” e con un pil inferiore a quello della romania (200.630 milioni di $).
    Dall’altro lato i nemici hanno una popolazione di centinaia e centinaia di milioni di abitanti, un pil complessivo da superpotenza mondiale, (820.000 milioni di $ solo l’iran, ossia 4 volte israele) e un territorio che va dall’oceano atlantico all’oceano pacifico coprendo due continenti. Lo squilibrio è evidente. Anche in assenza di una guerra il blocco islamico, se alleato a russia e cina in un contesto in cui USA e Eu sono troppo deboli o troppo disinteressati, ci potrebbero essere danni enormi per israele. Immaginate se domani all’ONU la cina proponesse una risoluzione che imponga a Israele di ritirarsi da tutti i territori occupati (ce ne sono molte) e in caso di rifiuto l’onu votasse un embargo totale a israele. Vi immaginate cosa significherebbe per israele a livello economico e militare? questo non avviene SOLO perchè gli usa sono abbastanza forti e determinati da impedirlo.
    Infine Milano dice che Israele non abbia adottato una politica discrezionale che, nel breve periodo, sembrava ottima ma nel lungo potrebbe rivelarsi drammatica. Io lo invito a considearare un fatto, quando Israele conquistò la cisgiordania gli stati arabi la avevano attaccata ma la questione palestinese ancora non esisteva se non in potenza. Ora mi dicono amici israliani di una certa età che all’epoca la situazione nei territori era molto calma e quasi amichevole. non esisteva arafat, non c’era hamas, non c’erano attentati. Bene, Israele avrebbe potuto, grazie alla presenza militare, spingere per la nascita di uno stato palestinese pacifico e democratico, in modo da dissuadere i palestinesi alla guerra eterna, invece ha preferito mantenere un’occupazione capillare e iniziare una colonizzazione di territori che, inutile negarlo, voleva annettersi una volta garantita una maggioranza ebraica. ora non solo questa maggioranza non si è verificata, ma la risposta dei palestinesi è stata di tipo paramilitare ed è iniziata una guerra infinita. Non dico che senza la colonizzazione della cisgiordania ora i palestinesi sarebbero la svizzera, ma era l’unica cosa da farsi per sperare in una normalizzazione. Anche l’egitto lo mostra, Israele ha goduito, per decenni, del vantaggio di un dittatore amico, ma dall’occupazione della cisgiordania è nato hamas, da hamas, e dalla reazione di israele ad esso, l’ascesa in egitto dei fratelli musulmani.
    il rischio è che lo stesso avvenga anche in quei paesi, come l’arabia saudita, governati da dittatori feroci ma alleati di israele, in cui però il popolo è pronto a morire per i palestinesi. prima o poi quei dittatori cadranno e israele deve essere preparata. per ora la risposta dello stato ebraico è stata militare e diplomatica, in futuro non basterà, deve creare le condizioni per una distensione con i palestinesi ma mentre è ancora lei la più forte, e il tempo rimasto si misura a mio avviso non in decenni, ma in anni, e pochi!
    quando gli arabi avranno raggiunto uno status di potenza sarà troppo tadri per dire “trattiamo”.

  18. per MIlano e Stella,
    premesso che nessuno ha la verità in tasca e che spesso gli eventi futuri sono condizionati da fattori non individuabili io cerco di basarmi sui fatti per immaginare una possibile situazione.
    l’emersione della Cina, ad esempio, era chiara già dagli anni 80 del secolo scorso agli osservatori più attenti, si poteva discettare sul quando sarebbe divenuto un attore globale, non sul se.
    Allo stesso modo il cambio degli assetti di potere è un fatto già in atto, il mondo monopolare americano è finito e, a mio avviso, la data e l’evento che lo ha concluso sono proiorio le sconfitte militari e politiche in medioriente (iraq e afganistan) e da qui il cambio della politica di obama (basti pensare, cosa in passato inimmaginabile, che l’operazione in libia l’hanno voluta e diretta i francesi, Obama si è timidamente accodato).
    Ora per quanto riguarda Israele, anche se mi rendo conto non sia bello per un israeliano sentirselo dire, ma la sopravvivenza dello stato ebraico dipende dal peso e dall’influenza dei suoi alleati e dalla volontà di questi di aiutarlo “costi quel che costi”.
    In passato gli Usa lo hanno fatto, sia diplomaticamente, vietando in sede onu tutte le risoluzioni di condanna a israele, che militarmente, offrendo miliardi di euro in armamenti e intelligence oltre che colpendo i nemici di israele. Ora questo protettore appare sempre più appannato, debole, e meno propenso a battersi per israele.
    Senza di esso le proporzioni sono presto fatte, al dilà della sua straordinaria vitalità e efficienza Israele è uno stato grande come la lombardia, con la popolazione di Roma, con un 25% di “alitri” e con un pil inferiore a quello della romania (200.630 milioni di $).
    Dall’altro lato i nemici hanno una popolazione di centinaia e centinaia di milioni di abitanti, un pil complessivo da superpotenza mondiale, (820.000 milioni di $ solo l’iran, ossia 4 volte israele) e un territorio che va dall’oceano atlantico all’oceano pacifico coprendo due continenti. Lo squilibrio è evidente. Anche in assenza di una guerra il blocco islamico, se alleato a russia e cina in un contesto in cui USA e Eu sono troppo deboli o troppo disinteressati, ci potrebbero essere danni enormi per israele. Immaginate se domani all’ONU la cina proponesse una risoluzione che imponga a Israele di ritirarsi da tutti i territori occupati (ce ne sono molte) e in caso di rifiuto l’onu votasse un embargo totale a israele. Vi immaginate cosa significherebbe per israele a livello economico e militare? questo non avviene SOLO perchè gli usa sono abbastanza forti e determinati da impedirlo.
    Infine Milano dice che Israele non abbia adottato una politica discrezionale che, nel breve periodo, sembrava ottima ma nel lungo potrebbe rivelarsi drammatica. Io lo invito a considearare un fatto, quando Israele conquistò la cisgiordania gli stati arabi la avevano attaccata ma la questione palestinese ancora non esisteva se non in potenza. Ora mi dicono amici israliani di una certa età che all’epoca la situazione nei territori era molto calma e quasi amichevole. non esisteva arafat, non c’era hamas, non c’erano attentati. Bene, Israele avrebbe potuto, grazie alla presenza militare, spingere per la nascita di uno stato palestinese pacifico e democratico, in modo da dissuadere i palestinesi alla guerra eterna, invece ha preferito mantenere un’occupazione capillare e iniziare una colonizzazione di territori che, inutile negarlo, voleva annettersi una volta garantita una maggioranza ebraica. ora non solo questa maggioranza non si è verificata, ma la risposta dei palestinesi è stata di tipo paramilitare ed è iniziata una guerra infinita. Non dico che senza la colonizzazione della cisgiordania ora i palestinesi sarebbero la svizzera, ma era l’unica cosa da farsi per sperare in una normalizzazione. Anche l’egitto lo mostra, Israele ha goduito, per decenni, del vantaggio di un dittatore amico, ma dall’occupazione della cisgiordania è nato hamas, da hamas, e dalla reazione di israele ad esso, l’ascesa in egitto dei fratelli musulmani.
    il rischio è che lo stesso avvenga anche in quei paesi, come l’arabia saudita, governati da dittatori feroci ma alleati di israele, in cui però il popolo è pronto a morire per i palestinesi. prima o poi quei dittatori cadranno e israele deve essere preparata. per ora la risposta dello stato ebraico è stata militare e diplomatica, in futuro non basterà, deve creare le condizioni per una distensione con i palestinesi ma mentre è ancora lei la più forte, e il tempo rimasto si misura a mio avviso non in decenni, ma in anni, e pochi!
    quando gli arabi avranno raggiunto uno status di potenza sarà troppo tadri per dire “trattiamo”.

  19. Leggo sempre con molta attenzione questo sito sia per i contenuti (è l’unico sito filo-israeliano di una associazione italiana che generalmente sono tutte schierate con i palestinesi) che per le discussioni interessanti (fatta eccezione per alcune scorribande di personaggi chiaramente disturbati e disturbatori). Questa in particolare mi sembra veramente una discussione di un certo livello, per questo mi permetto di intervenire.

    Gladiatore 78 fa dei rilievi interessanti e ventila una ipotesi futura che io (purtroppo) condivido. Israele ha assoluta necessità di rivedere il suo approccio politico mentre su quello militare credo che purtroppo non dipenda da Gerusalemme. Il rischio che Israele si trovi isolato politicamente è molto concreto, basti guardare il crescere continuo dei paesi che decidono di boicottare i prodotti provenienti dalla Cisgiordania per rendersene conto. Qualche giorno fa un esperto di cui adesso non ricordo il nome scriveva sul Jerusalem Post che Israele aveva poche alternative politicamente dal riconoscere uno stato palestinese e addirittura ventilava l’ipotesi che la Striscia di Gaza venisse considerata uno Stato a parte e non una enclave della futura Palestina (i vantaggi politici e militari sarebbero concreti, ma è lungo riportare tutto l’articolo che cercherò di ritrovare). Oggi Israele non può permettersi il lusso che anche la Cisgiordania passi sotto il controllo di Hamas ed è un rischio che corre se non farà qualche concessione alla ANP. Deve calmierare il lato ANP ed egiziano affinché Hamas sia isolata. L’alternativa è una invasione armata della Striscia di Gaza con tutte le conseguenze che ne verrebbero. In Israele queste mie idee sono considerate troppo remissive da alcuni e plausibili da altri, ma credo che al momento sia la cosa migliore da fare.

    Condivido quindi l’analisi storica fatta da Gladiatore sugli sbagli commessi da Israele in passato e credo che non sia né il caso né il momento di ripeterli.

    Sull’Iran il discorso è diverso. Credo realmente che il pericolo esistenziale per Israele sia concreto. Anche per questo a Gerusalemme hanno bisogno di calmierare il fronte palestinese per essere concentrati sul da farsi con Teheran.

    Shalom

  20. Leggo sempre con molta attenzione questo sito sia per i contenuti (è l’unico sito filo-israeliano di una associazione italiana che generalmente sono tutte schierate con i palestinesi) che per le discussioni interessanti (fatta eccezione per alcune scorribande di personaggi chiaramente disturbati e disturbatori). Questa in particolare mi sembra veramente una discussione di un certo livello, per questo mi permetto di intervenire.

    Gladiatore 78 fa dei rilievi interessanti e ventila una ipotesi futura che io (purtroppo) condivido. Israele ha assoluta necessità di rivedere il suo approccio politico mentre su quello militare credo che purtroppo non dipenda da Gerusalemme. Il rischio che Israele si trovi isolato politicamente è molto concreto, basti guardare il crescere continuo dei paesi che decidono di boicottare i prodotti provenienti dalla Cisgiordania per rendersene conto. Qualche giorno fa un esperto di cui adesso non ricordo il nome scriveva sul Jerusalem Post che Israele aveva poche alternative politicamente dal riconoscere uno stato palestinese e addirittura ventilava l’ipotesi che la Striscia di Gaza venisse considerata uno Stato a parte e non una enclave della futura Palestina (i vantaggi politici e militari sarebbero concreti, ma è lungo riportare tutto l’articolo che cercherò di ritrovare). Oggi Israele non può permettersi il lusso che anche la Cisgiordania passi sotto il controllo di Hamas ed è un rischio che corre se non farà qualche concessione alla ANP. Deve calmierare il lato ANP ed egiziano affinché Hamas sia isolata. L’alternativa è una invasione armata della Striscia di Gaza con tutte le conseguenze che ne verrebbero. In Israele queste mie idee sono considerate troppo remissive da alcuni e plausibili da altri, ma credo che al momento sia la cosa migliore da fare.

    Condivido quindi l’analisi storica fatta da Gladiatore sugli sbagli commessi da Israele in passato e credo che non sia né il caso né il momento di ripeterli.

    Sull’Iran il discorso è diverso. Credo realmente che il pericolo esistenziale per Israele sia concreto. Anche per questo a Gerusalemme hanno bisogno di calmierare il fronte palestinese per essere concentrati sul da farsi con Teheran.

    Shalom

  21. grazie josseph per l’apprezzamento. Purtroppo, e questo è a mio avviso un grave problema, normalmente i filoisraeliani rifiutano di considerare gli errori del passato e tendono a non voler vedere i cambiamenti in atto perchè ciò li costringerebbe a un cambiamento radicale a cui non si sentono pronti.
    Condivido la tua preoccupazione sull'”hamasizzazione” della cisgiordania, è un pericolo concreto.
    Se Israele facesse nascere uno stato palestinese in cisgiordania, indipendente e prospero (l’ANP ha avuto una forte crescita economica negli ultimi anni) un cittadino di gaza penserebbe che gli conviene venire a patti con israele, invece ora è il contrario.
    A gaza, dove governa Hamas, non c’è occupazione, nonostante i continui attacchi provenienti dalla striscia, in west bank invece, dove governano i moderati e dove non ci sono attacchi, c’è un occupazione capillare, la gente nn è libera di muoversi e, giorno dopo giorno, le colonie si espandono riducendo i margini per la nascita di uno stato palestinese. E’ ovvio che questa politica avvantaggia hamas e gli estremisti, che visti i mutamente nel contesto internazionale, si sentono sempre più forti e protetti, mentre delegittima completamente i moderati.
    L’occupazione di gaza che tu ventili, però, non può funzionare, come non possono funzionare, in genere, le politiche fino a qui adottate dagli usa in medio oriente. Un’occupazione può funzionare laddove questa possa portare a dei risultati. In Italia alla fine del secondo conflitto mondiale c’è stata un’occupazione che ha portato alla nascita della democrazia e al trasformare un nemico, lìItalia, in un prezioso alleato per gli usa. Un’occupazione di gaza, dell’egitto, delll’iran o della siria, non può portare a un simile risultato, può solo peggiorare le cose, alimentando odio e rivolte e lasciando alla fine una situazione peggiore. Prendiamo la guerra irachena (fortissimamente voluta e appoggiata da israele) a cosa poteva portare? a un iraq democratico, filoamericano e pacifico? ovviamente no! e infatti a un certo punto gli usa hanno dovuto ammettere di avere fallito, di non avere le risorse per un’occupazione infinita e di non poter vincere la guerra dei “cuori e menti”.
    Per quanto riguarda invece l’Iran io penso che esso rappresenti si una minaccia letale per Gerusalemme, ma non per le ragioni che comunemente si elencano. L’ex-persia non solo non è uno stato irrazionale e pazzo, ma al contrario è un attore furbissimo e spregiudicato che mira, come gli usa, la russa, la francia e tutti gli altri paesi, a aumentare il suo peso politico economico e strategico.
    L’opposizione a Israele è funzionale a questo.
    Un presidente francese, credeo de gaulle, una volta ammonì israele dicendo che un isola non può vivere in odio dell’oceano che la circonda, ora l’Iran, con molto realismo, utilizza questo odio e questo isolamento israeliano per guadagnarsi un ruolo di leader dei paesi iislamici. L’iran non mira affatto a una distruzione militare di israele, ma a logorarne le basi fino a che essa imploda, senza dover sparare un colpo, come fecero gli usa con l’urss (e le traduzioni vere dei discorsi di ahmadinejad dicono esattamente questo, ” il regime sionista è destinato a crollare come quello comunista in unione sovietica” .
    Un altro elemento da considerare è che l’isolamento israeliano inizia a essere forte nelle opinioni pubbliche dei (pochi) paesi alleati, e questo è un fatto su cui israele deve interrogarsi, e non rispondere semplicemente che se le opinioni pubbliche occidentali la accusano sono antisemite. C’è infatti in europa e usa, a un livello molto minore, lo stesso scollamento che c’era in egitto tra popolo e regime riguardo a israele. Le elites politiche di europa e usa sono in linea di massima filoisraeliane (basti pensare alla votazione onu sull’indipendenza palestinese o ai sottomarini tedeschi quasi regalati a israele) ma le popolazioni di questi stati invece sono molto critiche verso israele. il famoso sondaggio dell’unione europea mostrò come la maggioranza assoluta degli eruopei considerasse israele il maggiore pericolo per la pace mondiale (più di iran o siria o corea del nord) un sondaggio recente ha mostrato come la popolazione della germania (oggi il miglior alleato di israele) condividesse le tesi di grass e non volesse la collaborazione militare israele germania.
    Ancora più recentemente un sondaggio negli usa ha mostrato che, in caso di un conflitto con l’iran, solo il 25% degli ameiricani pensano che gli usa dovrebbero intervenire a fianco di israele, mentre il 49% vorrebbe rimanessero neutrali.
    In occidente, anche a causa della crisi, si stanno verificando sconvolgimenti politici paragonabili alle cosiddette “primavere”.
    basti pensare alle elezioni in grecia, a grillo in italia, al boom della sinistra in francia e al parito pirata in germania. questi partiti e movimenti si propongono un maggior livello di democrazia, sia economica che politica, e, inevitabilmente, questo significherebbe la nascita di governi che, coerentemente con il volere dei propri popoli, si sganciassero da israele.
    tutto questo è una minaccia letale per la sopravvivenza di israele, lo status quo si sbriciola, gli alleati si allontanano o diventano irrilevanti, i nemici si rafforzano e si risvegliano. Insomma l’oceano che circonda l’isoletta inizia a gonfiarsi per sommergerla.
    Oggi a mio avviso Israele ha l’assoluto bisogno di raggiungere la pace con i palestinesi prima e con il mondo arabo dopo, ma non lo comprende.
    La colonizzazione della cisgiordania dovrebbe cessare immediatamente (ma il governo netaniau non ci pensa nemmeno)
    Uno stato palestinese dovrebbe nascere entro pochi mesi (ma anche qui bibi preferisce la morte) e israele dovrebbe cercare un dialogo con gli avversari su nuove basi (ma l’atteggiamento bellicistico avuto con l’iraq si ripete con l’iran e, addirittura, Israele in contrasto con l’occidente vorrebbe che si aiutassero i dittatori laici per evitare l’avvento di una democrazia che porti al potere gli islamici).
    tutto questo mi lascia ben poco da sperare per il prossimo futuro, servirebbe a gerusalemme un leader nuovo, capace di accettare una sfida enorme e di vincerla con nuovissime idee, ma non se ne vede traccia…

  22. grazie josseph per l’apprezzamento. Purtroppo, e questo è a mio avviso un grave problema, normalmente i filoisraeliani rifiutano di considerare gli errori del passato e tendono a non voler vedere i cambiamenti in atto perchè ciò li costringerebbe a un cambiamento radicale a cui non si sentono pronti.
    Condivido la tua preoccupazione sull'”hamasizzazione” della cisgiordania, è un pericolo concreto.
    Se Israele facesse nascere uno stato palestinese in cisgiordania, indipendente e prospero (l’ANP ha avuto una forte crescita economica negli ultimi anni) un cittadino di gaza penserebbe che gli conviene venire a patti con israele, invece ora è il contrario.
    A gaza, dove governa Hamas, non c’è occupazione, nonostante i continui attacchi provenienti dalla striscia, in west bank invece, dove governano i moderati e dove non ci sono attacchi, c’è un occupazione capillare, la gente nn è libera di muoversi e, giorno dopo giorno, le colonie si espandono riducendo i margini per la nascita di uno stato palestinese. E’ ovvio che questa politica avvantaggia hamas e gli estremisti, che visti i mutamente nel contesto internazionale, si sentono sempre più forti e protetti, mentre delegittima completamente i moderati.
    L’occupazione di gaza che tu ventili, però, non può funzionare, come non possono funzionare, in genere, le politiche fino a qui adottate dagli usa in medio oriente. Un’occupazione può funzionare laddove questa possa portare a dei risultati. In Italia alla fine del secondo conflitto mondiale c’è stata un’occupazione che ha portato alla nascita della democrazia e al trasformare un nemico, lìItalia, in un prezioso alleato per gli usa. Un’occupazione di gaza, dell’egitto, delll’iran o della siria, non può portare a un simile risultato, può solo peggiorare le cose, alimentando odio e rivolte e lasciando alla fine una situazione peggiore. Prendiamo la guerra irachena (fortissimamente voluta e appoggiata da israele) a cosa poteva portare? a un iraq democratico, filoamericano e pacifico? ovviamente no! e infatti a un certo punto gli usa hanno dovuto ammettere di avere fallito, di non avere le risorse per un’occupazione infinita e di non poter vincere la guerra dei “cuori e menti”.
    Per quanto riguarda invece l’Iran io penso che esso rappresenti si una minaccia letale per Gerusalemme, ma non per le ragioni che comunemente si elencano. L’ex-persia non solo non è uno stato irrazionale e pazzo, ma al contrario è un attore furbissimo e spregiudicato che mira, come gli usa, la russa, la francia e tutti gli altri paesi, a aumentare il suo peso politico economico e strategico.
    L’opposizione a Israele è funzionale a questo.
    Un presidente francese, credeo de gaulle, una volta ammonì israele dicendo che un isola non può vivere in odio dell’oceano che la circonda, ora l’Iran, con molto realismo, utilizza questo odio e questo isolamento israeliano per guadagnarsi un ruolo di leader dei paesi iislamici. L’iran non mira affatto a una distruzione militare di israele, ma a logorarne le basi fino a che essa imploda, senza dover sparare un colpo, come fecero gli usa con l’urss (e le traduzioni vere dei discorsi di ahmadinejad dicono esattamente questo, ” il regime sionista è destinato a crollare come quello comunista in unione sovietica” .
    Un altro elemento da considerare è che l’isolamento israeliano inizia a essere forte nelle opinioni pubbliche dei (pochi) paesi alleati, e questo è un fatto su cui israele deve interrogarsi, e non rispondere semplicemente che se le opinioni pubbliche occidentali la accusano sono antisemite. C’è infatti in europa e usa, a un livello molto minore, lo stesso scollamento che c’era in egitto tra popolo e regime riguardo a israele. Le elites politiche di europa e usa sono in linea di massima filoisraeliane (basti pensare alla votazione onu sull’indipendenza palestinese o ai sottomarini tedeschi quasi regalati a israele) ma le popolazioni di questi stati invece sono molto critiche verso israele. il famoso sondaggio dell’unione europea mostrò come la maggioranza assoluta degli eruopei considerasse israele il maggiore pericolo per la pace mondiale (più di iran o siria o corea del nord) un sondaggio recente ha mostrato come la popolazione della germania (oggi il miglior alleato di israele) condividesse le tesi di grass e non volesse la collaborazione militare israele germania.
    Ancora più recentemente un sondaggio negli usa ha mostrato che, in caso di un conflitto con l’iran, solo il 25% degli ameiricani pensano che gli usa dovrebbero intervenire a fianco di israele, mentre il 49% vorrebbe rimanessero neutrali.
    In occidente, anche a causa della crisi, si stanno verificando sconvolgimenti politici paragonabili alle cosiddette “primavere”.
    basti pensare alle elezioni in grecia, a grillo in italia, al boom della sinistra in francia e al parito pirata in germania. questi partiti e movimenti si propongono un maggior livello di democrazia, sia economica che politica, e, inevitabilmente, questo significherebbe la nascita di governi che, coerentemente con il volere dei propri popoli, si sganciassero da israele.
    tutto questo è una minaccia letale per la sopravvivenza di israele, lo status quo si sbriciola, gli alleati si allontanano o diventano irrilevanti, i nemici si rafforzano e si risvegliano. Insomma l’oceano che circonda l’isoletta inizia a gonfiarsi per sommergerla.
    Oggi a mio avviso Israele ha l’assoluto bisogno di raggiungere la pace con i palestinesi prima e con il mondo arabo dopo, ma non lo comprende.
    La colonizzazione della cisgiordania dovrebbe cessare immediatamente (ma il governo netaniau non ci pensa nemmeno)
    Uno stato palestinese dovrebbe nascere entro pochi mesi (ma anche qui bibi preferisce la morte) e israele dovrebbe cercare un dialogo con gli avversari su nuove basi (ma l’atteggiamento bellicistico avuto con l’iraq si ripete con l’iran e, addirittura, Israele in contrasto con l’occidente vorrebbe che si aiutassero i dittatori laici per evitare l’avvento di una democrazia che porti al potere gli islamici).
    tutto questo mi lascia ben poco da sperare per il prossimo futuro, servirebbe a gerusalemme un leader nuovo, capace di accettare una sfida enorme e di vincerla con nuovissime idee, ma non se ne vede traccia…

  23. Allora, vediamo se ho capito bene quello che Israele dovrebbe fare secondo Gladiatore:
    concedere praticamente tutto alla ANP, lasciare le terre contese (contese non vuol dire occupate), interrompere qualsiasi collaborazione con la polizia della ANP (cioè quello che erroneamente i pacifisti poco informati chiamano checkpoint, controlli e via dicendo). Gladiatore parla anche di occupazione ma non so se si riferisce alla Giudea e Samaria o a qualche altra parte della cosiddetta Palestina, perché nel primo caso, come detto, si tratta di terre contese, nel secondo caso non so davvero quali terre non ebraiche siano attualmente “occupate”.
    Ma entriamo nel merito:
    1- concedere praticante tutto alla ANP: Israele lo ha fatto, con gli accordi di Oslo (Arafat – Peres) concesse alla Palestina il 99,9% del territorio inizialmente concessole dall’Onu, tranne naturalmente Gerusalemme Est. Arafat all’inizio accettò (gli diedero anche il Nobel per la pace per questo) poi, come al solito, fece marcia indietro (le ragioni di questa scelta non le sto a spigare perché sarebbe un elenco lunghissimo e non certo lusinghiero). Non funzionò nemmeno il concetto di “terra in cambio di pace” che il Gladiatore sembra rispolverare. Guardiamo infatti cosa è successo a Gaza. Israele si è ritirato, ha smantellato le colonie per fare cosa? Consegnare il tutto ad Hamas. Per questo, caro Gladiatore, oggi in Giudea e Samaria esiste la collaborazione tra ANP e IDF, se non ci fosse a quest’ora Hamas avrebbe preso il controllo anche della Cisgiordania.
    2- Ritirarsi completamente da Giudea e Samaria (le famose terre contese) – anche in questo caso vorrei rievocare il ritiro da Gaza. A me non stanno simpatici i settlers, sono dei veri rompicazzo, ma un ritiro da quelle terre deve essere condizionato alla garanzia di sicurezza che non finiscano in mano ad Hamas. L’ANP oggi non è in grado di garantirlo.
    3- Il ritorno dei profughi – concesso, però solo per i veri profughi (oggi circa 35.000) e non per i finti profughi, quelli calcolati con il sistema del UNRWA che conteggia anche i nuovi nati fino alle nuovissime generazioni . Ma anche in questo caso ai palestinesi non va bene.
    Lo sa cosa le dico sig. Gladiatore? Le parla benissimo ma razzola male. Vorrebbe passare da moderato ma poi chiede una resa totale e senza condizioni dello Stato Ebraico. Sa benissimo che le terre contese non sono il problema principale alla pace con i palestinesi, il problema principale si chiama Hamas, si chiama terrorismo, si chiama NON RICONOSCIMENTO. Ecco, io per esempio prima di iniziare qualsiasi trattativa con i palestinesi vorrei il loro riconoscimento. La porrei come precondizione non negoziabile. Mi sembra il minimo.
    Ma cosa glielo dico a fare? Potremmo stare qui a parlare per giorni, mesi e anni, alla fine il succo non cambia. Lei dirà sempre che Israele deve “concedere senza pretendere”, io dirò sempre che “Israele deve pretendere prima di concedere”, lei parlerà di “territori occupati” mentre io parlerò di “territori contesi” ecc. ecc. ecc. e saremo sempre da capo.
    Shalom

    PS
    Prima di vedere Israele con il culo per terra ne dovrà passare di acqua sotto i ponti

  24. Allora, vediamo se ho capito bene quello che Israele dovrebbe fare secondo Gladiatore:
    concedere praticamente tutto alla ANP, lasciare le terre contese (contese non vuol dire occupate), interrompere qualsiasi collaborazione con la polizia della ANP (cioè quello che erroneamente i pacifisti poco informati chiamano checkpoint, controlli e via dicendo). Gladiatore parla anche di occupazione ma non so se si riferisce alla Giudea e Samaria o a qualche altra parte della cosiddetta Palestina, perché nel primo caso, come detto, si tratta di terre contese, nel secondo caso non so davvero quali terre non ebraiche siano attualmente “occupate”.
    Ma entriamo nel merito:
    1- concedere praticante tutto alla ANP: Israele lo ha fatto, con gli accordi di Oslo (Arafat – Peres) concesse alla Palestina il 99,9% del territorio inizialmente concessole dall’Onu, tranne naturalmente Gerusalemme Est. Arafat all’inizio accettò (gli diedero anche il Nobel per la pace per questo) poi, come al solito, fece marcia indietro (le ragioni di questa scelta non le sto a spigare perché sarebbe un elenco lunghissimo e non certo lusinghiero). Non funzionò nemmeno il concetto di “terra in cambio di pace” che il Gladiatore sembra rispolverare. Guardiamo infatti cosa è successo a Gaza. Israele si è ritirato, ha smantellato le colonie per fare cosa? Consegnare il tutto ad Hamas. Per questo, caro Gladiatore, oggi in Giudea e Samaria esiste la collaborazione tra ANP e IDF, se non ci fosse a quest’ora Hamas avrebbe preso il controllo anche della Cisgiordania.
    2- Ritirarsi completamente da Giudea e Samaria (le famose terre contese) – anche in questo caso vorrei rievocare il ritiro da Gaza. A me non stanno simpatici i settlers, sono dei veri rompicazzo, ma un ritiro da quelle terre deve essere condizionato alla garanzia di sicurezza che non finiscano in mano ad Hamas. L’ANP oggi non è in grado di garantirlo.
    3- Il ritorno dei profughi – concesso, però solo per i veri profughi (oggi circa 35.000) e non per i finti profughi, quelli calcolati con il sistema del UNRWA che conteggia anche i nuovi nati fino alle nuovissime generazioni . Ma anche in questo caso ai palestinesi non va bene.
    Lo sa cosa le dico sig. Gladiatore? Le parla benissimo ma razzola male. Vorrebbe passare da moderato ma poi chiede una resa totale e senza condizioni dello Stato Ebraico. Sa benissimo che le terre contese non sono il problema principale alla pace con i palestinesi, il problema principale si chiama Hamas, si chiama terrorismo, si chiama NON RICONOSCIMENTO. Ecco, io per esempio prima di iniziare qualsiasi trattativa con i palestinesi vorrei il loro riconoscimento. La porrei come precondizione non negoziabile. Mi sembra il minimo.
    Ma cosa glielo dico a fare? Potremmo stare qui a parlare per giorni, mesi e anni, alla fine il succo non cambia. Lei dirà sempre che Israele deve “concedere senza pretendere”, io dirò sempre che “Israele deve pretendere prima di concedere”, lei parlerà di “territori occupati” mentre io parlerò di “territori contesi” ecc. ecc. ecc. e saremo sempre da capo.
    Shalom

    PS
    Prima di vedere Israele con il culo per terra ne dovrà passare di acqua sotto i ponti

  25. caro Aaron, secondo me, e glielo dico con rammarico, grazie all’intransigenza, all’ideologismo, alla mancanza di elasticità di persone come lei tra 10 o 20 anni israele non esisterà più, mentre poteva essere uno stato prospero e felice per millenni.
    comunque le rispondo (anche se so che è inutile, come è inutile parlare con quelli di hamas) nel merito.
    Innanzitutto quelle terre non sono contese per una semplice ragione: si contendono terre tra due nazioni, per vari motivi, quando ognuna delle due vuole annetterle. I palestinesi non sono uno stato, israele non vuole annettersi quelle terre perchè non può, pena diventare uno stato a maggioranza araba. dunque di che parliamo? poi contese secondo chi? per tutto il mondo, usa compresi, quelle terre non sono affatto contese ma palestinesi, la popolazione, per iol 99%, è araba, israele non ha mai avuto, eccezion fatta per epoche bibliche di millenni fa, autorità su quelle terre, l’onu non gliele ha mai date, qual’è dunque il centro della contesa se per la popolazione presente, per tutti gli stati del mondo e per la legge internazionale quei territori NON SONO e mai saranno israele? Ma il punto, ed è questo che proprio non capisce, non è una questione morale di giusto o sbagliato, di ragione o torto.
    ma di azioni e effetto. Io sono convinto che moralmente quelle terre appartengano alla popolazione che vi abita, dunque ai palestinesi, lei è convinto invece appartengano a israele (perchè 2000 anni fa ne erano parte, perchè gli arabi non riconoscono israele, etc) ma al dilà di questo la domanda non è se e cosa i palestinesi danno in cambio, se hanno ragione i coloni o i volontari dell’ISM etc, la domanda è che effetto ha tenere quei territoi o lasciarli per il futuro di israele?
    io ho spiegato quelli che, a mio avviso, sono fatti che qualsiasi persona intelligente non può che capire:
    A) se non si arriva a una pace con gli arabi e aumenta l’odio contro israele con il mutare degli equilibri israele sarà spazzato via
    B) se non nasce uno stato palestinese e perdura l’occupazione non potrà esserci pace
    c) se israele non si disimpegna da tutta la west bank, con quelche piccolo scambio sul terreno, non nascerà mai uno stato palestinese.
    se ho ragione (e lei non ha contestato neppure uno degli elementi della mia analisi precedente, si limita a dire “mai regalare pezzi di israele! che hanno fatto i palestinesi per meritarlo?” etc) fare nascere uno stato palestinese in cisgiordania è un regalo che israel fa non ai palestinesi, ma a se stesso, garantendosi la speranza di un futuro che, se continua la guerra, è ogni giorno più improbabile.

  26. caro Aaron, secondo me, e glielo dico con rammarico, grazie all’intransigenza, all’ideologismo, alla mancanza di elasticità di persone come lei tra 10 o 20 anni israele non esisterà più, mentre poteva essere uno stato prospero e felice per millenni.
    comunque le rispondo (anche se so che è inutile, come è inutile parlare con quelli di hamas) nel merito.
    Innanzitutto quelle terre non sono contese per una semplice ragione: si contendono terre tra due nazioni, per vari motivi, quando ognuna delle due vuole annetterle. I palestinesi non sono uno stato, israele non vuole annettersi quelle terre perchè non può, pena diventare uno stato a maggioranza araba. dunque di che parliamo? poi contese secondo chi? per tutto il mondo, usa compresi, quelle terre non sono affatto contese ma palestinesi, la popolazione, per iol 99%, è araba, israele non ha mai avuto, eccezion fatta per epoche bibliche di millenni fa, autorità su quelle terre, l’onu non gliele ha mai date, qual’è dunque il centro della contesa se per la popolazione presente, per tutti gli stati del mondo e per la legge internazionale quei territori NON SONO e mai saranno israele? Ma il punto, ed è questo che proprio non capisce, non è una questione morale di giusto o sbagliato, di ragione o torto.
    ma di azioni e effetto. Io sono convinto che moralmente quelle terre appartengano alla popolazione che vi abita, dunque ai palestinesi, lei è convinto invece appartengano a israele (perchè 2000 anni fa ne erano parte, perchè gli arabi non riconoscono israele, etc) ma al dilà di questo la domanda non è se e cosa i palestinesi danno in cambio, se hanno ragione i coloni o i volontari dell’ISM etc, la domanda è che effetto ha tenere quei territoi o lasciarli per il futuro di israele?
    io ho spiegato quelli che, a mio avviso, sono fatti che qualsiasi persona intelligente non può che capire:
    A) se non si arriva a una pace con gli arabi e aumenta l’odio contro israele con il mutare degli equilibri israele sarà spazzato via
    B) se non nasce uno stato palestinese e perdura l’occupazione non potrà esserci pace
    c) se israele non si disimpegna da tutta la west bank, con quelche piccolo scambio sul terreno, non nascerà mai uno stato palestinese.
    se ho ragione (e lei non ha contestato neppure uno degli elementi della mia analisi precedente, si limita a dire “mai regalare pezzi di israele! che hanno fatto i palestinesi per meritarlo?” etc) fare nascere uno stato palestinese in cisgiordania è un regalo che israel fa non ai palestinesi, ma a se stesso, garantendosi la speranza di un futuro che, se continua la guerra, è ogni giorno più improbabile.

  27. Bella discussione, non la roviniamo con posizioni estremistiche.

    Personalmente sono in parte d’accordo con Gladiatore ma non posso negare che anche Aaron abbia le sue ragioni. Per fare la pace si deve essere i due e questo vale sia per Israele che per la Palestina, perché altrimenti rischiamo di dare la totalità dello stallo dei negoziati a Israele. Per esempio, fino a quando i palestinesi non rinunceranno al cosiddetto “diritto al ritorno” sui negoziati graverà una pregiudiziale difficilmente superabile. Poi sulla terra si può e si deve discutere. Anche io sono dell’idea che la Palestina come Stato debba nascere, ma come Stato separato e distinto da Israele non, come vorrebbero alcuni, inglobata in Israele. Sono anche d’accordo che il problema dei coloni è IL PROBLEMA come lo è quello di Hamas.

    Tuttavia credo che questa cose non si possano risolvere in due giorni. Abbiamo visto che l’equazione “terra in cambio di pace” non funziona. Occorre trovarne un’altra che però non consegni altro territorio ad Hamas, cioè che dia garanzie ad ambo le parti. Almeno per la Cisgiordania perché per la Striscia di Gaza la vedo dura che la questione si possa risolvere pacificamente. A meno che, finalmente, non siano i palestinesi a volersi disfare di Hamas e della Jihad Islamica. Ma anche qui la vedo assai dura.

    Infine una considerazione di carattere generale. Gladiatore vede un “allontanamento” generale dalle posizioni di Israele. Anche questo è vero, la propaganda anti-israeliana (non necessariamente pro-palestinesi) è molto brava e su questo Israele sta perdendo una bella guerra. Ma non dispererei. Da quando è nato Israele è sempre stato accerchiato da nemici bellicosi e se l’è sempre cavata. Se la caverà anche questa volta. Molto dipenderà da quanto spazio si vorrà ancora lasciare ai più intransigenti nemici. Vede Gladiatore, è vero che se Israele usasse la forza (e ne ha tanta) contro i suoi nemici probabilmente diverrebbe ancora più antipatico e inviso, ma non si può dire che con l’Iran non abbia avuto pazienza. E non mi tiri fuori la sciocchezza che le traduzioni dei discorsi iraniani sono sbagliati. Noi li abbiamo tradotti e ritradotti decine di volte e non con google. Ma i discorsi se non fossero seguiti dai fatti sarebbero ben poca cosa. Il problema è che il regime iraniano (e badi bene, non parlo di popolo iraniano che rispetto) si muove esclusivamente in configurazione anti-israeliana, cioè mette in pratica quei discorsi. Questo è il problema. Poi se per difendersi Israele dovrà risultare antipatico e inviso ai più, pazienza, se ne farà una ragione.

  28. Bella discussione, non la roviniamo con posizioni estremistiche.

    Personalmente sono in parte d’accordo con Gladiatore ma non posso negare che anche Aaron abbia le sue ragioni. Per fare la pace si deve essere i due e questo vale sia per Israele che per la Palestina, perché altrimenti rischiamo di dare la totalità dello stallo dei negoziati a Israele. Per esempio, fino a quando i palestinesi non rinunceranno al cosiddetto “diritto al ritorno” sui negoziati graverà una pregiudiziale difficilmente superabile. Poi sulla terra si può e si deve discutere. Anche io sono dell’idea che la Palestina come Stato debba nascere, ma come Stato separato e distinto da Israele non, come vorrebbero alcuni, inglobata in Israele. Sono anche d’accordo che il problema dei coloni è IL PROBLEMA come lo è quello di Hamas.

    Tuttavia credo che questa cose non si possano risolvere in due giorni. Abbiamo visto che l’equazione “terra in cambio di pace” non funziona. Occorre trovarne un’altra che però non consegni altro territorio ad Hamas, cioè che dia garanzie ad ambo le parti. Almeno per la Cisgiordania perché per la Striscia di Gaza la vedo dura che la questione si possa risolvere pacificamente. A meno che, finalmente, non siano i palestinesi a volersi disfare di Hamas e della Jihad Islamica. Ma anche qui la vedo assai dura.

    Infine una considerazione di carattere generale. Gladiatore vede un “allontanamento” generale dalle posizioni di Israele. Anche questo è vero, la propaganda anti-israeliana (non necessariamente pro-palestinesi) è molto brava e su questo Israele sta perdendo una bella guerra. Ma non dispererei. Da quando è nato Israele è sempre stato accerchiato da nemici bellicosi e se l’è sempre cavata. Se la caverà anche questa volta. Molto dipenderà da quanto spazio si vorrà ancora lasciare ai più intransigenti nemici. Vede Gladiatore, è vero che se Israele usasse la forza (e ne ha tanta) contro i suoi nemici probabilmente diverrebbe ancora più antipatico e inviso, ma non si può dire che con l’Iran non abbia avuto pazienza. E non mi tiri fuori la sciocchezza che le traduzioni dei discorsi iraniani sono sbagliati. Noi li abbiamo tradotti e ritradotti decine di volte e non con google. Ma i discorsi se non fossero seguiti dai fatti sarebbero ben poca cosa. Il problema è che il regime iraniano (e badi bene, non parlo di popolo iraniano che rispetto) si muove esclusivamente in configurazione anti-israeliana, cioè mette in pratica quei discorsi. Questo è il problema. Poi se per difendersi Israele dovrà risultare antipatico e inviso ai più, pazienza, se ne farà una ragione.

  29. Scrive Gladiatore: “quando Israele conquistò la cisgiordania gli stati arabi la avevano attaccata ma la questione palestinese ancora non esisteva se non in potenza. Ora mi dicono amici israliani di una certa età che all’epoca la situazione nei territori era molto calma e quasi amichevole. non esisteva arafat, non c’era hamas, non c’erano attentati”.
    Falso. Quando Israele conquistò la Cisgiordania nel 1967, esisteva da tre anni l’OLP, organizzazione pe rla liberazione della Palestina, ossia, dato che non c’erano “territori occupati”, per la cancellazione di Israele. E c’erano stati, dal 1948, migliaia (ripeto: MIGLIAIA) di attentati terroristici e incursioni armate in territorio israeliano. Mi permetto di linkare qui un mio vecchio post, con qualche documentazione:
    http://ilblogdibarbara.ilcannocchiale.it/2006/03/02/che_cosa_e_nato_prima_il_terro.html

  30. Scrive Gladiatore: “quando Israele conquistò la cisgiordania gli stati arabi la avevano attaccata ma la questione palestinese ancora non esisteva se non in potenza. Ora mi dicono amici israliani di una certa età che all’epoca la situazione nei territori era molto calma e quasi amichevole. non esisteva arafat, non c’era hamas, non c’erano attentati”.
    Falso. Quando Israele conquistò la Cisgiordania nel 1967, esisteva da tre anni l’OLP, organizzazione pe rla liberazione della Palestina, ossia, dato che non c’erano “territori occupati”, per la cancellazione di Israele. E c’erano stati, dal 1948, migliaia (ripeto: MIGLIAIA) di attentati terroristici e incursioni armate in territorio israeliano. Mi permetto di linkare qui un mio vecchio post, con qualche documentazione:
    http://ilblogdibarbara.ilcannocchiale.it/2006/03/02/che_cosa_e_nato_prima_il_terro.html

  31. piccola nota di servizio
    visto che siete quasi tutti registrati, perché quando commentate non fate il login? Così evitate che i vostri commenti finiscano in coda di moderazione.

  32. piccola nota di servizio
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  33. Lei dice che io sono pragmatico, bene sarò pragmatico:il suo commento precedente mi sembra più un “manifesto antisionista” piuttosto che una linea “consigliata”. In sostanza lei chiede nell’ordine:

    1 – il ripudio del sionismo (lo chiama post-sionismo)

    2- il ripudio dello Stato Ebraico (perché è inviso uno stato ebraico ma è normalissimo una repubblica islamica come l’Iran, l’Egitto, l’Arabia ecc. ecc.)

    3- la fine dell’occupazione delle terre contese (lei le chiama occupate io le chiamo contese perché non c’è una linea chiara di demarcazione e nemmeno l’Onu nel 67 l’ha delineata anche se si crede il contrario)

    4- la fine della detenzione amministrativa e l’abbattimento del muro protettivo (in quest’ultimo caso non ne parla esplicitamente ma parla di apartheid come uno qualsiasi dei tanti filo palestinesi indottrinati) dimenticando che se negli ultimi anni in Israele non ci sono stati attentati significativi si deve a queste misure protettive.

    Mi perdoni ma questo è un vero e proprio manifesto della politica palestinese. E qui torniamo al punto: Israele dovrebbe cedere su tutta la linea. Ma allora, di che trattativa stiamo parlando? Vede nel mio lavoro ho imparato una cosa, che in una negoziazione ci sono due o più attori ma che non accade mai che gli attori abbiano tutti lo stesso peso. Israele non ha lo stesso peso negoziale dei palestinesi, ne ha molto di più. Eppure, secondo lei, dovrebbe cedere su tutta la linea, rinunciare ai principi fondanti dello Stato Ebraico di Israele. Mi sembra un po’ incauto da parte sua proporre cose del genere così sfacciatamente.

    Sul discorso mediatico ci sarebbe tutto un ragionamento da fare. Come le ho detto quella è una guerra che fino ad oggi ha visto Israele rimanere al palo. Ma le cose stanno lentamente cambiando

  34. Lei dice che io sono pragmatico, bene sarò pragmatico:il suo commento precedente mi sembra più un “manifesto antisionista” piuttosto che una linea “consigliata”. In sostanza lei chiede nell’ordine:

    1 – il ripudio del sionismo (lo chiama post-sionismo)

    2- il ripudio dello Stato Ebraico (perché è inviso uno stato ebraico ma è normalissimo una repubblica islamica come l’Iran, l’Egitto, l’Arabia ecc. ecc.)

    3- la fine dell’occupazione delle terre contese (lei le chiama occupate io le chiamo contese perché non c’è una linea chiara di demarcazione e nemmeno l’Onu nel 67 l’ha delineata anche se si crede il contrario)

    4- la fine della detenzione amministrativa e l’abbattimento del muro protettivo (in quest’ultimo caso non ne parla esplicitamente ma parla di apartheid come uno qualsiasi dei tanti filo palestinesi indottrinati) dimenticando che se negli ultimi anni in Israele non ci sono stati attentati significativi si deve a queste misure protettive.

    Mi perdoni ma questo è un vero e proprio manifesto della politica palestinese. E qui torniamo al punto: Israele dovrebbe cedere su tutta la linea. Ma allora, di che trattativa stiamo parlando? Vede nel mio lavoro ho imparato una cosa, che in una negoziazione ci sono due o più attori ma che non accade mai che gli attori abbiano tutti lo stesso peso. Israele non ha lo stesso peso negoziale dei palestinesi, ne ha molto di più. Eppure, secondo lei, dovrebbe cedere su tutta la linea, rinunciare ai principi fondanti dello Stato Ebraico di Israele. Mi sembra un po’ incauto da parte sua proporre cose del genere così sfacciatamente.

    Sul discorso mediatico ci sarebbe tutto un ragionamento da fare. Come le ho detto quella è una guerra che fino ad oggi ha visto Israele rimanere al palo. Ma le cose stanno lentamente cambiando

  35. per Franco Londei:
    il suo commento mi rincuora, credo che questo tipo di pragmatismo, specialmente in qualcuno attivamente impegnato a favore di israele, sia proprio quello di cui c’è bisogno.
    Preciso che quando parlo di quello che a mio avviso Israele avrebbe dovuto (nel suo interesse) fare, non mi riferisco alla pace in quanto tale, che come lei sottolinea si fa in due, ma alle condizione affinchè questa fosse possibile.
    Se nel 1967 fossi stato io a guidare la politica israeliana avrei, ovviamente, mantenuto una presenza militare in cisgiordania, ma avrei evitato assolutamente la colonizzazione, avrei sviluppato infrastrutture, migliorato l’istruzione etc. insomma avrei posto le basi per la nascita di un stato palestinese moderno. Tutto questo avrebbe portato, non subito ma nell’arco di 20 o 30 anni, a una differente percezione dell’esistenza di Israele per i palestinesi, a una differente immagine dello stato ebraico nelle opinionioni pubbliche mondiali e alla possibilità di una normalizzazione dei rapporti con gli arabi. Un pò quello che fecero gli usa con italia giappone e germania dopo la WWII.
    Ovviamente ci sarebbero stati arabi che si sarebbero opposti comunque all’esistenza di israele, (come tutt’ora in germania o italia ci sono neonazi o neocomunisti che gridano “morte agli usa” ) ma sasarebbero stati una minoranza, più debole e con meno appoggi. Ammettiamolo, l’obbiettivo strategico di Israele, per sfiducia o per calcolo, non e’ stato questo. Il suo obbiettivo è stato quello di garantirsi l’esistenza con le armi e, soprattutto, di espandersi quanto più possibile in cisgiordania. In sostanza israele voleva ripetere in giudea e samaria il paradigma che aveva tanto bene funzionato nel resto del territorio:
    approfitto dell’occupazione (come con quella inglese) per spostare popolazione e modificare gli assetti demografici, e quando i tempi fossero stati maturi e la maggioranza fosse stata ebriaca anche li, annettere il territorio.
    Questo metodo però in cisgiordania non ha funzionato per due motivi, demografico il primo (i palestinesi non solo non diminuiscono ma crescono a dismisura), e politico il secondo, (la comunità internazionale non permetteva piu una simile prospettiva).
    Sharon e’ stato il primo a capirlo, e lo ha detto esplicitamente, affermando che il sogno di una riunificazione del paese era ormai irrealizanbile, ammettendo implicitamente che quello era l’obbiettivo della politica isrraeliana fino ad allora.
    Quando tuttavia è apparso chiaro che questo obbiettivo era irrealizabile si è rivelato difficilissimo tornare indietro, sia perchè il sionismo aveva ormai interiorizzato profondamente l’idea che quelle terre fossero israeliane, sia perchè nel frattempo contro israele era cresciuta enormente l’ostilità araba, gli attacchi e gli attentati, e le misure di sicurezza erano diventate necessarie.
    I rischi di questa politica li conosciamo tutti, nascita di uno stato binazionale o isolamento totale di israele con conseguenze disastrose, specialmente se gli usa smettessero di avere la forza e la volontà di evitare che l’onu sanzioni gerusalemme. per non parlare dell’eventualità di una guerra di distruzione.
    Quello che personalmente mi ha colpito è l’isolamento di israele nelle opinioni pubbliche occidentali (in quelle del resto del mondo viene considerato uno stato criminale e colonialista). Lei parla di propaganda ma a me sembra che si debba parlare anche di oggettive anomalie del modello israeliano che, da sionista, dovrebbe diventare, avendo raggiunto i suoi obbiettivi (almeno quelli realistici) post sionista.
    Non possiamo negarci infatti che, sebbene israele sia uno stato democratico occidentale, ha delle caratteristiche che sarebbero assolutamente inaccettabili in tutte le altre liberal democrazie.
    l’idea di uno stato ebraico, ad esempio, in america sarebbe considerata semplicemente scandalosa (immaginate se gli usa si definissero solennemente stato cristiano, o stato binaco, o la germania stato ariano!) l’occupazione senza fine, la colonizzazione che crea, nei fatti, uno stato di apartheid per cui un territorio, dal giordano al mare, è difatto governato da un parlamento (quello di gerusalemme) che solo metà della popolazione amministrata elegge, o la detenzione amministrativa, senza accuse e senza limiti, la differente età per l’arresto tra bambini iraeliani e palestinesi, le carte di identità di colore diverso a seconda dell’etnia, sono tutte cose che, per i parametri occidentali del 2012 sono aberrazioni che da noi neppure i partiti più a destra si sognano di proporre. Questo, ovviamente, ha un enorme peso sulle opinioni pubbliche, soprattutto nell’era di internet in cui, difatto, qualsiasi censura o manipolazione è impossibile.
    Mi ha colpito infatti che, sebbene le linee editoriali di alcuni quotidiani siano assolutamente filo/israeliani le rispettive audience non lo sono. sul giornale o su libero si leggono spesso (on line) articoli entusiasticamente con israele e i lettori he commentano in termini negativi invece, stigmatizzando i comportamenti dello stato ebraico.
    in conclusione io credo che le sfide esistenziali che attendono israele siano immense e possano essere affrontate solo con un cambiemento radicale di paradigma, in assenza di ciò la mia opinione è che israele come stato ebraico scomparirà sostituito da uno stato binazionale, non potendo lo status quo durare a lungo per tutte le ragioni che ci siamo detti.
    anche di questo, ossia delle trasformazioni che internet ha portato nella comunicazione, che ora non e’ piu’ unidirezionale, si dovra; in futuro tenere conto.audience sono

  36. per Franco Londei:
    il suo commento mi rincuora, credo che questo tipo di pragmatismo, specialmente in qualcuno attivamente impegnato a favore di israele, sia proprio quello di cui c’è bisogno.
    Preciso che quando parlo di quello che a mio avviso Israele avrebbe dovuto (nel suo interesse) fare, non mi riferisco alla pace in quanto tale, che come lei sottolinea si fa in due, ma alle condizione affinchè questa fosse possibile.
    Se nel 1967 fossi stato io a guidare la politica israeliana avrei, ovviamente, mantenuto una presenza militare in cisgiordania, ma avrei evitato assolutamente la colonizzazione, avrei sviluppato infrastrutture, migliorato l’istruzione etc. insomma avrei posto le basi per la nascita di un stato palestinese moderno. Tutto questo avrebbe portato, non subito ma nell’arco di 20 o 30 anni, a una differente percezione dell’esistenza di Israele per i palestinesi, a una differente immagine dello stato ebraico nelle opinionioni pubbliche mondiali e alla possibilità di una normalizzazione dei rapporti con gli arabi. Un pò quello che fecero gli usa con italia giappone e germania dopo la WWII.
    Ovviamente ci sarebbero stati arabi che si sarebbero opposti comunque all’esistenza di israele, (come tutt’ora in germania o italia ci sono neonazi o neocomunisti che gridano “morte agli usa” ) ma sasarebbero stati una minoranza, più debole e con meno appoggi. Ammettiamolo, l’obbiettivo strategico di Israele, per sfiducia o per calcolo, non e’ stato questo. Il suo obbiettivo è stato quello di garantirsi l’esistenza con le armi e, soprattutto, di espandersi quanto più possibile in cisgiordania. In sostanza israele voleva ripetere in giudea e samaria il paradigma che aveva tanto bene funzionato nel resto del territorio:
    approfitto dell’occupazione (come con quella inglese) per spostare popolazione e modificare gli assetti demografici, e quando i tempi fossero stati maturi e la maggioranza fosse stata ebriaca anche li, annettere il territorio.
    Questo metodo però in cisgiordania non ha funzionato per due motivi, demografico il primo (i palestinesi non solo non diminuiscono ma crescono a dismisura), e politico il secondo, (la comunità internazionale non permetteva piu una simile prospettiva).
    Sharon e’ stato il primo a capirlo, e lo ha detto esplicitamente, affermando che il sogno di una riunificazione del paese era ormai irrealizanbile, ammettendo implicitamente che quello era l’obbiettivo della politica isrraeliana fino ad allora.
    Quando tuttavia è apparso chiaro che questo obbiettivo era irrealizabile si è rivelato difficilissimo tornare indietro, sia perchè il sionismo aveva ormai interiorizzato profondamente l’idea che quelle terre fossero israeliane, sia perchè nel frattempo contro israele era cresciuta enormente l’ostilità araba, gli attacchi e gli attentati, e le misure di sicurezza erano diventate necessarie.
    I rischi di questa politica li conosciamo tutti, nascita di uno stato binazionale o isolamento totale di israele con conseguenze disastrose, specialmente se gli usa smettessero di avere la forza e la volontà di evitare che l’onu sanzioni gerusalemme. per non parlare dell’eventualità di una guerra di distruzione.
    Quello che personalmente mi ha colpito è l’isolamento di israele nelle opinioni pubbliche occidentali (in quelle del resto del mondo viene considerato uno stato criminale e colonialista). Lei parla di propaganda ma a me sembra che si debba parlare anche di oggettive anomalie del modello israeliano che, da sionista, dovrebbe diventare, avendo raggiunto i suoi obbiettivi (almeno quelli realistici) post sionista.
    Non possiamo negarci infatti che, sebbene israele sia uno stato democratico occidentale, ha delle caratteristiche che sarebbero assolutamente inaccettabili in tutte le altre liberal democrazie.
    l’idea di uno stato ebraico, ad esempio, in america sarebbe considerata semplicemente scandalosa (immaginate se gli usa si definissero solennemente stato cristiano, o stato binaco, o la germania stato ariano!) l’occupazione senza fine, la colonizzazione che crea, nei fatti, uno stato di apartheid per cui un territorio, dal giordano al mare, è difatto governato da un parlamento (quello di gerusalemme) che solo metà della popolazione amministrata elegge, o la detenzione amministrativa, senza accuse e senza limiti, la differente età per l’arresto tra bambini iraeliani e palestinesi, le carte di identità di colore diverso a seconda dell’etnia, sono tutte cose che, per i parametri occidentali del 2012 sono aberrazioni che da noi neppure i partiti più a destra si sognano di proporre. Questo, ovviamente, ha un enorme peso sulle opinioni pubbliche, soprattutto nell’era di internet in cui, difatto, qualsiasi censura o manipolazione è impossibile.
    Mi ha colpito infatti che, sebbene le linee editoriali di alcuni quotidiani siano assolutamente filo/israeliani le rispettive audience non lo sono. sul giornale o su libero si leggono spesso (on line) articoli entusiasticamente con israele e i lettori he commentano in termini negativi invece, stigmatizzando i comportamenti dello stato ebraico.
    in conclusione io credo che le sfide esistenziali che attendono israele siano immense e possano essere affrontate solo con un cambiemento radicale di paradigma, in assenza di ciò la mia opinione è che israele come stato ebraico scomparirà sostituito da uno stato binazionale, non potendo lo status quo durare a lungo per tutte le ragioni che ci siamo detti.
    anche di questo, ossia delle trasformazioni che internet ha portato nella comunicazione, che ora non e’ piu’ unidirezionale, si dovra; in futuro tenere conto.audience sono

  37. Sig. Londei, gladiatore parlava dell’anomalia tutta israeliana di essere, nel complesso, una democrazia di tipo occidentale ma di pretendere poi, del tutto incoerentemente, la qualifica di “stato ebraico”. Lei obbietta che lo stesso viene accettato nel caso di Iran, Egitto, Arabia Saudita ecc. ma in questi casi, mi permetta, siamo al di fuori del contesto di democrazia occidentale, non le pare?

  38. Sig. Londei, gladiatore parlava dell’anomalia tutta israeliana di essere, nel complesso, una democrazia di tipo occidentale ma di pretendere poi, del tutto incoerentemente, la qualifica di “stato ebraico”. Lei obbietta che lo stesso viene accettato nel caso di Iran, Egitto, Arabia Saudita ecc. ma in questi casi, mi permetta, siamo al di fuori del contesto di democrazia occidentale, non le pare?

  39. Resta da capire per quale strana ragione tutti i popoli della terra abbiano diritto all’autodeterminazione, perfino quelli inesistenti e fabbricati a tavolino, come il “popolo palestinese” (no, non lo sto dicendo io, e neanche Golda Meir: lo hanno detto e continuano a ripeterlo i capi “palestinesi”, che non esiste la Palestina e non esiste il popolo palestinese, e che il tutto è stato inventato unicamente come arma per distruggere Israele – tutto documentato, per chi ha voglia di documentarsi), tranne il popolo ebraico: c’è qualcuno che potrebbe spiegarla, questa cosa?

  40. Resta da capire per quale strana ragione tutti i popoli della terra abbiano diritto all’autodeterminazione, perfino quelli inesistenti e fabbricati a tavolino, come il “popolo palestinese” (no, non lo sto dicendo io, e neanche Golda Meir: lo hanno detto e continuano a ripeterlo i capi “palestinesi”, che non esiste la Palestina e non esiste il popolo palestinese, e che il tutto è stato inventato unicamente come arma per distruggere Israele – tutto documentato, per chi ha voglia di documentarsi), tranne il popolo ebraico: c’è qualcuno che potrebbe spiegarla, questa cosa?

  41. Beh, credo che siate abbastanza intelligenti per capire che mai e poi mai mi sognerei di paragonare Israele all’Iran o all’Arabia Saudita. Non ho risposto a Goffredo perché ormai conosco i miei polli e so benissimo che intendeva provocarmi (non perché non abbia capito il mio discorso).

    Comunque, è molto intelligente da parte di Gladiatore capovolgere la verità facendo passare il tutto come se fosse per il “bene di Israele”. Confesso che è la prima volta che mi trovo di fronte una persona che perorando la tesi palestinese vuol far credere che sia per il bene di Israele. Molto furbo.

    Ora, so benissimo che adesso passerò per un “sionista estremista”, ma francamente non credo affatto allo scenario descritto da Gladiatore e non credo affatto che Israele debba fare concessioni agli arabi. Se conosco bene gli arabi (e, credetemi, li conosco benissimo) concedere loro un dito significa perdere il braccio (come minimo). Credo invece, e questa è una teoria tutta mia, che Israele dovrebbe provvedere a demarcare i confini tanto da far trovare Onu e compagnia bella di fronte al fatto compiuto. Poi, ma solo dopo questo, dovrebbe spingere con forza per la costituzione di uno Stato palestinese in Cisgiordania senza, naturalmente, Gerusalemme che è israeliana e deve rimanere israeliana anche per la tutela della santità della città per le altre religioni (se fosse in mano araba farebbe la fine di Timbuktu). Io ci metterei anche Betlemme alla faccia di quei cretini dell’UNESCO, ma poi passerei sicuro da estremista sionista.

    Questa è la mia idea che certamente non è polically correct ma che ritengo sia l’unica vera strada da seguire.

  42. Beh, credo che siate abbastanza intelligenti per capire che mai e poi mai mi sognerei di paragonare Israele all’Iran o all’Arabia Saudita. Non ho risposto a Goffredo perché ormai conosco i miei polli e so benissimo che intendeva provocarmi (non perché non abbia capito il mio discorso).

    Comunque, è molto intelligente da parte di Gladiatore capovolgere la verità facendo passare il tutto come se fosse per il “bene di Israele”. Confesso che è la prima volta che mi trovo di fronte una persona che perorando la tesi palestinese vuol far credere che sia per il bene di Israele. Molto furbo.

    Ora, so benissimo che adesso passerò per un “sionista estremista”, ma francamente non credo affatto allo scenario descritto da Gladiatore e non credo affatto che Israele debba fare concessioni agli arabi. Se conosco bene gli arabi (e, credetemi, li conosco benissimo) concedere loro un dito significa perdere il braccio (come minimo). Credo invece, e questa è una teoria tutta mia, che Israele dovrebbe provvedere a demarcare i confini tanto da far trovare Onu e compagnia bella di fronte al fatto compiuto. Poi, ma solo dopo questo, dovrebbe spingere con forza per la costituzione di uno Stato palestinese in Cisgiordania senza, naturalmente, Gerusalemme che è israeliana e deve rimanere israeliana anche per la tutela della santità della città per le altre religioni (se fosse in mano araba farebbe la fine di Timbuktu). Io ci metterei anche Betlemme alla faccia di quei cretini dell’UNESCO, ma poi passerei sicuro da estremista sionista.

    Questa è la mia idea che certamente non è polically correct ma che ritengo sia l’unica vera strada da seguire.

  43. caro Londei,
    goffredo ha sintetizzato bene, lei cita paesi, iran e arabia saudita, che non solo non sono “fari di democrazia” o anche semplici “democrazie” ne stati occidentali, insomma se questo è il termine di paragone è ovvio che siamo fuori strada.
    in quanto al resto:
    ripudio del sionismo:
    il sionismo è una precisa ideologia che nasce in una precisa epoca storica, ha avuto un progetto, un ruolo, e un risultato.
    portato a casa il risultato le ideologie, negli stati occidentali e moderni, lasciano il posto alla normalità. Mantenere l’anomalia per cui israele non è uno stato (come gli usa, la francia, l’argentina, il giappone etc) ma uno stato sionista-ebraico, significa tenerlo fuori dal modello occidentale di stato. piaccia o non piaccia è così. Se lo scopo della politica israeliana deve essere quello di garantire la sopravvivenza e la prosperità di israele, nonchè il benessere di tutti i suoi cittadini, io credo debba mirare a una normalizzazione dell’esistenza di detto stato, che non può continuare in eterno a essere un’eccezione in un perenne stato di emergenza.
    Anche il suo commento (rifiuto di uno stato ebraico perchè inviso in quanto ebraico) mostra che non ha capito il mio punto di vista, io sono tecnicamente “ariano” ma se domani qualcuno si sognasse di proporre che l’italia si definisca tale io mi incatenerei in piazza, e non certo perchè mi sono invisi gli ariani, ma perchè penso che uno stato moderno non possa definirsi in termini etnici o religiosi.
    C’è poi da dire che le altre misure che io considero necessarie (fine dell’occupazione, della detenzione amministrativa, del muro etc) le considero necessarie molto più per israele che per i palestinesi. Lei le considera un regalo, a fronte del quale si deve avere qualcosa in cambio, (israele nn può cedere su tutta la linea, altrimenti non è una trattativa etc) io come le ho detto le considero un regalo si, ma che israele fa a se stesso rendendo più probabile la propria sopravvivenza.
    Se lei afferma di condividere gli elementi geopolitici che ho elencato nei post precedenti dovrebbe capire anche che, di conseguenza, la nascita di uno stato palestinese è l’unica possibile salvezza per israele, ed è ovvio che se uno stato deve nascere i territori (grandi circa come la provincia di Roma) sono già di per sè microscopici per milioni di persone, ora se vogliamo “trattare” su uno spazio così esiguo (dicendo che non sono occupati ma “contesi” non si capisce per chi e su che base…che i confini devono essere difendibili (quindi niente valle del giordano etc) significa negare la possibilità di una nascita di uno stato palestinese, il perdurare della guerra, l’acuirsi dell’isolamento di israele etc. Insomma significa mettere la quinta e dare di gas verso un burrone.
    peralto arrivare alla pace cedendo tutta la cisgiordania, gerusalemme etc etc, non significa affatto “non trattare” perchè i palestinesi rivendicano non la cisgiordania, ma l’intero territorio dal giordano al mare che ritengono (non senza una parte di ragione) gli sia stato indebitamente scippato dalle potenze colonialiste che lo hanno regalato ai sionisti.
    Ora giungere alla pace accontentandosi di un 30% di quanto si ritiene ci spetti è già un enorme passo avanti ma, soprattutto, come ho ripetuto fino alla noia il punto non è chi ha ragione moralmente, perchè è ovvio che ognuna delle parti pensa di avere tutte le ragioni, ma cosa è conveniente fare per le varie parti.
    Glielo dico francamente, se fossi un leader israeliano premerei per la nascita di uno stato palestinese mostrandomi (fino a che sono io il più forte) molto generoso.
    Se fossi un leader palestinese invece aspetterei, per il semplice fatto che il tempo va a mio favore, quindi fino a quando la contesa rimane aperta e non ha una conclusione io ho da guadagnare, perchè se oggi mi devo accontentare di poco domani potrei chiedere di più, e dopodomani potrei chiedere tutto.
    Glielo spiego con una metafora immobiliare: se lei avesse una casa stimata in 500.000 euro e la volesse vendere ovviamente non la “svenderebbe” a 400.000. ma se lei sapesse che il mercato immobiliare in pochi mesi è destinato a crollare e quella casa passerà da un valore di mezzo milione a un valore di 100.000 euro a venderla a 300.000 ci guadagna o ci rimette?
    ora mutatis mutandis se israele è la casa la pace con i palestinesi conviene firmarla ora, finchè israele è in una situazione di forza, anche a costo di sembrare “toppo generosi” o è meglio lasciare la questione aperta e riparlarne quando la cina sarà di gran lunga la prima potenza mondiale, i fratelli musulmani avranno unito i paesi arabi in un blocco di enorme peso geopolitico (in grado di condizionare la cina a piacimento) gli usa saranno decaduti come è avvenuto con l’impero inglese, i brics (grandi amici degli arabi) avranno l’influenza che nei decenni scorsi avevano i grandi paesi europei come francia o inghilterra etc?
    si dia una risposta e poi mi dica se la mia linea è filopalestinese ed è un cedere su tutto o è un modo di preservare quanto il popolo ebraico ha ottenuto, ossia uno stato?
    io credo che i veri antisionisti siano quelli che rischiano di mandare a puttane, per stupidità, per incapacità di analizzare il presente e prevedere il futuro o per un ideologismo esasperato, quanto il sionismo ha ottenuto.

  44. caro Londei,
    goffredo ha sintetizzato bene, lei cita paesi, iran e arabia saudita, che non solo non sono “fari di democrazia” o anche semplici “democrazie” ne stati occidentali, insomma se questo è il termine di paragone è ovvio che siamo fuori strada.
    in quanto al resto:
    ripudio del sionismo:
    il sionismo è una precisa ideologia che nasce in una precisa epoca storica, ha avuto un progetto, un ruolo, e un risultato.
    portato a casa il risultato le ideologie, negli stati occidentali e moderni, lasciano il posto alla normalità. Mantenere l’anomalia per cui israele non è uno stato (come gli usa, la francia, l’argentina, il giappone etc) ma uno stato sionista-ebraico, significa tenerlo fuori dal modello occidentale di stato. piaccia o non piaccia è così. Se lo scopo della politica israeliana deve essere quello di garantire la sopravvivenza e la prosperità di israele, nonchè il benessere di tutti i suoi cittadini, io credo debba mirare a una normalizzazione dell’esistenza di detto stato, che non può continuare in eterno a essere un’eccezione in un perenne stato di emergenza.
    Anche il suo commento (rifiuto di uno stato ebraico perchè inviso in quanto ebraico) mostra che non ha capito il mio punto di vista, io sono tecnicamente “ariano” ma se domani qualcuno si sognasse di proporre che l’italia si definisca tale io mi incatenerei in piazza, e non certo perchè mi sono invisi gli ariani, ma perchè penso che uno stato moderno non possa definirsi in termini etnici o religiosi.
    C’è poi da dire che le altre misure che io considero necessarie (fine dell’occupazione, della detenzione amministrativa, del muro etc) le considero necessarie molto più per israele che per i palestinesi. Lei le considera un regalo, a fronte del quale si deve avere qualcosa in cambio, (israele nn può cedere su tutta la linea, altrimenti non è una trattativa etc) io come le ho detto le considero un regalo si, ma che israele fa a se stesso rendendo più probabile la propria sopravvivenza.
    Se lei afferma di condividere gli elementi geopolitici che ho elencato nei post precedenti dovrebbe capire anche che, di conseguenza, la nascita di uno stato palestinese è l’unica possibile salvezza per israele, ed è ovvio che se uno stato deve nascere i territori (grandi circa come la provincia di Roma) sono già di per sè microscopici per milioni di persone, ora se vogliamo “trattare” su uno spazio così esiguo (dicendo che non sono occupati ma “contesi” non si capisce per chi e su che base…che i confini devono essere difendibili (quindi niente valle del giordano etc) significa negare la possibilità di una nascita di uno stato palestinese, il perdurare della guerra, l’acuirsi dell’isolamento di israele etc. Insomma significa mettere la quinta e dare di gas verso un burrone.
    peralto arrivare alla pace cedendo tutta la cisgiordania, gerusalemme etc etc, non significa affatto “non trattare” perchè i palestinesi rivendicano non la cisgiordania, ma l’intero territorio dal giordano al mare che ritengono (non senza una parte di ragione) gli sia stato indebitamente scippato dalle potenze colonialiste che lo hanno regalato ai sionisti.
    Ora giungere alla pace accontentandosi di un 30% di quanto si ritiene ci spetti è già un enorme passo avanti ma, soprattutto, come ho ripetuto fino alla noia il punto non è chi ha ragione moralmente, perchè è ovvio che ognuna delle parti pensa di avere tutte le ragioni, ma cosa è conveniente fare per le varie parti.
    Glielo dico francamente, se fossi un leader israeliano premerei per la nascita di uno stato palestinese mostrandomi (fino a che sono io il più forte) molto generoso.
    Se fossi un leader palestinese invece aspetterei, per il semplice fatto che il tempo va a mio favore, quindi fino a quando la contesa rimane aperta e non ha una conclusione io ho da guadagnare, perchè se oggi mi devo accontentare di poco domani potrei chiedere di più, e dopodomani potrei chiedere tutto.
    Glielo spiego con una metafora immobiliare: se lei avesse una casa stimata in 500.000 euro e la volesse vendere ovviamente non la “svenderebbe” a 400.000. ma se lei sapesse che il mercato immobiliare in pochi mesi è destinato a crollare e quella casa passerà da un valore di mezzo milione a un valore di 100.000 euro a venderla a 300.000 ci guadagna o ci rimette?
    ora mutatis mutandis se israele è la casa la pace con i palestinesi conviene firmarla ora, finchè israele è in una situazione di forza, anche a costo di sembrare “toppo generosi” o è meglio lasciare la questione aperta e riparlarne quando la cina sarà di gran lunga la prima potenza mondiale, i fratelli musulmani avranno unito i paesi arabi in un blocco di enorme peso geopolitico (in grado di condizionare la cina a piacimento) gli usa saranno decaduti come è avvenuto con l’impero inglese, i brics (grandi amici degli arabi) avranno l’influenza che nei decenni scorsi avevano i grandi paesi europei come francia o inghilterra etc?
    si dia una risposta e poi mi dica se la mia linea è filopalestinese ed è un cedere su tutto o è un modo di preservare quanto il popolo ebraico ha ottenuto, ossia uno stato?
    io credo che i veri antisionisti siano quelli che rischiano di mandare a puttane, per stupidità, per incapacità di analizzare il presente e prevedere il futuro o per un ideologismo esasperato, quanto il sionismo ha ottenuto.

  45. O beh neanche io voglio fare polemiche anche perché, mio malgrado, di tempo non ne ho.

    Confermo quanto detto qualche commento fa, lei ha fatto osservazioni intelligenti , sono le sue soluzioni che mi lasciano perplesso.

    Confermo anche che la linea che io seguirei è quella di imporsi in fretta, delimitare i confini (vanno bene quelli attuali comprese le colonie in West Bank) e lasciare che i palestinesi se la sbrighino da soli (per altro è proprio di oggi la notizia che la ANP è praticamente in bancarotta). Non ho detto come fare semplicemente perché ci vorrebbe un articolo apposta (magari lo scriverò) e non è un commento il luogo adatto a farlo. Ma le posso garantire che ho le idee molto chiare in merito (come credo le abbiano a Gerusalemme).

    Certo, lo scenario apocalittico da lei descritto prefigurerebbe un forte indebolimento di Israele, ma credo che lei sottovaluti ( e di molto) le capacità della comunità ebraica e/o sionista di condizionare lo svolgersi degli stessi eventi. E’ vero, la possibilità che i Fratelli Musulmani debordino è concreta, ma crede davvero che a Gerusalemme queste cose non le sappiano e che non abbiano già pronto un “piano B”? Che non è certo quello che prefigura lei.

    Lasciamo tempo al tempo, molto presto qualcuno riceverà una lezione durissima e vedrà che in molti faranno prontamente marcia indietro. Lo squilibrio dei numeri (islam da un lato e Israele dall’altro) non è mai stata una pregiudiziale nelle scelte israeliane.

  46. O beh neanche io voglio fare polemiche anche perché, mio malgrado, di tempo non ne ho.

    Confermo quanto detto qualche commento fa, lei ha fatto osservazioni intelligenti , sono le sue soluzioni che mi lasciano perplesso.

    Confermo anche che la linea che io seguirei è quella di imporsi in fretta, delimitare i confini (vanno bene quelli attuali comprese le colonie in West Bank) e lasciare che i palestinesi se la sbrighino da soli (per altro è proprio di oggi la notizia che la ANP è praticamente in bancarotta). Non ho detto come fare semplicemente perché ci vorrebbe un articolo apposta (magari lo scriverò) e non è un commento il luogo adatto a farlo. Ma le posso garantire che ho le idee molto chiare in merito (come credo le abbiano a Gerusalemme).

    Certo, lo scenario apocalittico da lei descritto prefigurerebbe un forte indebolimento di Israele, ma credo che lei sottovaluti ( e di molto) le capacità della comunità ebraica e/o sionista di condizionare lo svolgersi degli stessi eventi. E’ vero, la possibilità che i Fratelli Musulmani debordino è concreta, ma crede davvero che a Gerusalemme queste cose non le sappiano e che non abbiano già pronto un “piano B”? Che non è certo quello che prefigura lei.

    Lasciamo tempo al tempo, molto presto qualcuno riceverà una lezione durissima e vedrà che in molti faranno prontamente marcia indietro. Lo squilibrio dei numeri (islam da un lato e Israele dall’altro) non è mai stata una pregiudiziale nelle scelte israeliane.

  47. sinceramente non voglio fare polemiche sig. Londei, e la casua palestinese mi interessa ne più ne meno che quella israeliana, quella giapponese, o quella messicana.
    Io esprimo una serie di previsioni basate su linee di tendenza e ne traggo una serie di azioni necessarie.
    Lei dice: “francamente non credo affatto allo scenario descritto da Gladiatore” ma questo lo afferma nel momento in cui, date le premesse, ne consegue un comportamento da tenere per ottenere dei risultati.
    Rispetto alle stesse identiche osservazioni pochi post prima invece scrive: “L’analisi di Gladiatore mi sembra piuttosto corretta”.
    Ora la mia analisi è molto semplice.
    Israele è nato e si è potuto mantenere, nonostante la assoluta ostilità del mondo arabo al progetto sionista grazie a:
    – appoggio incondizionato degli usa
    -ruolo degli usa come superpotenza assoluta
    -simpatia delle opinioni pubbliche occidentali
    -debolezza e divisione degli arabi
    -impreparazione e arretratezza (e incapacità comunicativa) dei palestinesi
    -irrilevanza di vari attori internazionali filoarabi (cina, sudamerica, etc)
    -presenza di regimi mediorientali alleati di israel (turchia, egitto, arabia saudita)
    -neutralità di altri attori mediorientali (tunisia, marocco etc)
    ora io penso che lei non contesti il fatto che tutti i seguenti elementi o sono venuti meno, o stanno venendo meno, o rischiano di venire meno.
    In base a questa semplice equazione ci sono a mio avviso solo due opzioni, o impedire questi mutamenti (che è fuori dalla possibilità di azione israeliana) o modificare l’atteggiamento degli arabi nei confronti di israele (che è una sfida quasi impossibile, e su quel quasi a mio avviso si gioca il futuro di israele).
    La sua risposta invece (Israele dovrebbe provvedere a demarcare i confini tanto da far trovare Onu e compagnia bella di fronte al fatto compiuto. Poi, ma solo dopo questo, dovrebbe spingere con forza per la costituzione di uno Stato palestinese in Cisgiordania) mi sembra più un legittimo desiderio che una linea politica per un fatto semplice, lei non mette in relazione i fini con i mezzi.
    come potrà in un contesto internazionale mutato uno stato che, per quanto bene armato e economicamente in buona salute ha una popolazione di pochi milioni di abitanti, un territorio molto piccolo e un peso economico che è un decmo di quello della nostra italietta così poco importante negli equilibri globali, (1.921.576 milioni di $ italia, 200.630 milioni di $) imporre al mondo, all’ONU e a un miliardo di musulmani i confini che decida di fissare rimane un mistero.
    la sua “strada da seguire” lei la indica, ma non ci dice in che modo percorrerla e con quali mezzi, e, soprattutto, non ci dice che strada sia in realtà (lei parla di fissare dei confini che non indica) ne quali siano i tempi di arrivo.
    Se tra, non dico venti ma due anni, la crisi economica dell’occidente e dell’euro avrà portato a un’accelerazione della transizione di potere economico politico e militare da occidente all’asia, e in questo contesto i palestinesi tornassero all’Onu ottenendo lo status di stato sovrano nei confini della linea verde questa strada varrebbe ancora? se obama verrà rieletto negli usa e avrà, questa volta, le mani libere per fare una politica più filoaraba, questa strada sarà ancora percorribile? se i fratelli musulmani andranno al potere anche in arabia saudita e siria e, insieme a iraq e iran diranno all’occidente che se appoggia questi “confini decisi da israele” ci tagliano i rifornimenti energetici (magari dirottandoli verso il gigante cinese, ben felice di ergersi a paladino interessato dei palestinesi) questa strada sarà percorribile?
    credo che chiunque abbia la responsabilità di governare uno stato, specialmente uno stato come israele, queste domande debba porsele e non possa fare spallucce dicendo “speriamo non succeda”.

  48. sinceramente non voglio fare polemiche sig. Londei, e la casua palestinese mi interessa ne più ne meno che quella israeliana, quella giapponese, o quella messicana.
    Io esprimo una serie di previsioni basate su linee di tendenza e ne traggo una serie di azioni necessarie.
    Lei dice: “francamente non credo affatto allo scenario descritto da Gladiatore” ma questo lo afferma nel momento in cui, date le premesse, ne consegue un comportamento da tenere per ottenere dei risultati.
    Rispetto alle stesse identiche osservazioni pochi post prima invece scrive: “L’analisi di Gladiatore mi sembra piuttosto corretta”.
    Ora la mia analisi è molto semplice.
    Israele è nato e si è potuto mantenere, nonostante la assoluta ostilità del mondo arabo al progetto sionista grazie a:
    – appoggio incondizionato degli usa
    -ruolo degli usa come superpotenza assoluta
    -simpatia delle opinioni pubbliche occidentali
    -debolezza e divisione degli arabi
    -impreparazione e arretratezza (e incapacità comunicativa) dei palestinesi
    -irrilevanza di vari attori internazionali filoarabi (cina, sudamerica, etc)
    -presenza di regimi mediorientali alleati di israel (turchia, egitto, arabia saudita)
    -neutralità di altri attori mediorientali (tunisia, marocco etc)
    ora io penso che lei non contesti il fatto che tutti i seguenti elementi o sono venuti meno, o stanno venendo meno, o rischiano di venire meno.
    In base a questa semplice equazione ci sono a mio avviso solo due opzioni, o impedire questi mutamenti (che è fuori dalla possibilità di azione israeliana) o modificare l’atteggiamento degli arabi nei confronti di israele (che è una sfida quasi impossibile, e su quel quasi a mio avviso si gioca il futuro di israele).
    La sua risposta invece (Israele dovrebbe provvedere a demarcare i confini tanto da far trovare Onu e compagnia bella di fronte al fatto compiuto. Poi, ma solo dopo questo, dovrebbe spingere con forza per la costituzione di uno Stato palestinese in Cisgiordania) mi sembra più un legittimo desiderio che una linea politica per un fatto semplice, lei non mette in relazione i fini con i mezzi.
    come potrà in un contesto internazionale mutato uno stato che, per quanto bene armato e economicamente in buona salute ha una popolazione di pochi milioni di abitanti, un territorio molto piccolo e un peso economico che è un decmo di quello della nostra italietta così poco importante negli equilibri globali, (1.921.576 milioni di $ italia, 200.630 milioni di $) imporre al mondo, all’ONU e a un miliardo di musulmani i confini che decida di fissare rimane un mistero.
    la sua “strada da seguire” lei la indica, ma non ci dice in che modo percorrerla e con quali mezzi, e, soprattutto, non ci dice che strada sia in realtà (lei parla di fissare dei confini che non indica) ne quali siano i tempi di arrivo.
    Se tra, non dico venti ma due anni, la crisi economica dell’occidente e dell’euro avrà portato a un’accelerazione della transizione di potere economico politico e militare da occidente all’asia, e in questo contesto i palestinesi tornassero all’Onu ottenendo lo status di stato sovrano nei confini della linea verde questa strada varrebbe ancora? se obama verrà rieletto negli usa e avrà, questa volta, le mani libere per fare una politica più filoaraba, questa strada sarà ancora percorribile? se i fratelli musulmani andranno al potere anche in arabia saudita e siria e, insieme a iraq e iran diranno all’occidente che se appoggia questi “confini decisi da israele” ci tagliano i rifornimenti energetici (magari dirottandoli verso il gigante cinese, ben felice di ergersi a paladino interessato dei palestinesi) questa strada sarà percorribile?
    credo che chiunque abbia la responsabilità di governare uno stato, specialmente uno stato come israele, queste domande debba porsele e non possa fare spallucce dicendo “speriamo non succeda”.

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