Da diversi mesi Secondo Protocollo denuncia il progressivo aggravarsi della situazione nel nordest della Repubblica Democratica del Congo. Ora purtroppo gli eventi stanno precipitando e migliaia di civili sono seriamente a rischio sia per i combattimenti che per la drammatica situazione umanitaria.
Dal mese di aprile sono in corso combattimenti tra i ribelli del gruppo denominato M23 e l’esercito congolese. Le ragioni di questi combattimenti sono diverse e non staremo a spiegarle di nuovo. Fatto sta che nelle ultime settimane i combattimenti si sono intensificati. I ribelli hanno preso il controllo delle città strategiche di Bunagana, Rutshuru, Ntamungenga e Rubare, quest’ultima a soli 10 Km dalla capitale del Nord Kivu, Goma. Si stima che oltre 500.000 persone siano fuggite dalla zona dei combattimenti. Di queste quasi 100.000 sono rifugiate in Uganda, oltre 50.000 in Ruanda mentre le altre sono disperse in diversi campi profughi di fortuna allestiti in tutta fretta nella zona, campi che però sono costretti ad una continua migrazione a causa dello spostamento dei combattimenti. Ora i ribelli puntano a prendere il controllo di Goma.
A Kinshasa sono molto preoccupati e fonti dell’esercito congolese fanno sapere che la battaglia per Goma sarà “campale”. Il colonnello Sultani Makenga, comandante dei ribelli, ha fatto sapere che i civili non hanno nulla da temere dalle sue truppe, ma il rischio di trovarsi tra due fuochi è troppo grosso e comunque anche in passato le rassicurazioni di Makemga non sono servite a evitare stupri di massa e uccisioni sommarie.
«La situazione è veramente drammatica» – fanno sapere a Secondo Protocollo i rappresentanti di alcune ONG che operano a Goma – «si rischia una ecatombe umanitaria». Decine di migliaia di persone stanno cercando di lasciare la città ma non hanno i mezzi e comunque non saprebbero dove andare. Il rischio che queste decine di migliaia di esseri umani si trovino improvvisamente nel bel mezzo dei combattimenti è altissimo. Ma questo non ferma né i ribelli del gruppo M23 né l’esercito congolese.
Inutile negare che in ballo c’è sia il controllo delle zone minerarie che quello delle città strategiche per il commercio dei minerali stessi. Città di transito dei minerali come Bunagana sono strategiche per il commercio con l’Uganda e controllare le miniere intorno a Rubare e alla stessa Goma significa avere il controllo del 70% dei minerali preziosi (oro, diamanti, coltan ecc. ecc.). Per questo la battaglia per Goma sarà campale e proprio per questo decine di migliaia di vite sono in pericolo.
Secondo Protocollo lancia un appello alla comunità internazionale affinché intervenga immediatamente sia per mettere fine al bagno di sangue che per un immediato intervento umanitario. La presenza di forze dell’Onu in Nord Kivu è praticamente superflua, persino dannosa visto che i militari dell’Onu si abbandonano spesso a stupri e saccheggi mentre gli ufficiali sono complici dei mercanti di minerali preziosi. Per questo la comunità internazionale non può fare affidamento sulla missione Onu in Congo ma deve agire in maniera separata e incisiva. Chiediamo all’Unione Europea di mettere in campo tutto il suo peso per la soluzione di questo conflitto che ha già fatto milioni di morti e sta ancora mietendo decine di migliaia di vittime. Invece di interessarsi unicamente di Palestina, Catherine Ashton faccia quello per cui è profumatamente pagata e si interessi delle crisi umanitarie vere.
Secondo Protocollo