Sono ripresi ieri (e continueranno oggi) i colloqui tra il gruppo dei 5+1 (i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza Onu più la Germania) e l’Iran sul controverso programma nucleare iraniano. I colloqui, che si tengono a Bagdad, dovrebbero in teoria scongiurare un attacco militare alle centrali nucleari iraniane. In pratica servono solo all’Iran per continuare a prendere tempo.
Nei giorni scorsi si era levato un vento di ottimismo quando il capo dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) aveva parlato di proposte “interessanti” da parte dell’Iran. Il portavoce della Casa Bianca, Carney, si era spinto a dire che «la disponibilità iraniana a raggiungere un accordo con l’Agenzia internazionale per l’energia atomica sulle ispezioni è un passo avanti ed è significativo». Ottimismo generalizzato un po’ da tute le parti anche da quei Paesi, come l’Italia, che quando partiranno le sanzioni nel mese di luglio vedranno sfumare contratti milionari. Gli unici a dubitare della buona fede iraniano sono gli israeliani, sempre più convinti che quello iraniano sia tutto un bluff.
E ne hanno di ragioni gli israeliani per dubitare della buona fede iraniana. Innanzi tutto a Teheran non intendono rinunciare all’arricchimento dell’uranio e il fatto che adesso, dopo averlo ripulito, gli iraniani permettano agli ispettori dell’Onu di visitare il sito di Parchin, è solo una colossale presa in giro, una presa in giro che ci risulta difficile credere abbia convinto diplomatici esperti come quelli che partecipano ai colloqui di Bagdad. Eppure fanno finta di crederci e parlano di “importanti passi avanti”. E poi gli iraniani non hanno nessuna intenzione di rinunciare al loro programma nucleare né di venire incontro alle richieste della comunità internazionale come la chiusura del sito di Fordo e lo stop all’arricchimento dell’uranio. Lo hanno detto più e più volte (qui un articolo molto interessante e dettagliato sulle volontà iraniane). E allora, da cosa scaturisce tutto questo (finto) ottimismo?
In effetti non ci sarebbe niente per cui essere ottimisti, ma il Presidente americano ha una paura fottuta che Israele attacchi le centrali nucleari iraniane prima delle elezioni americane e quindi fa finta di credere alle promesse iraniane, così se Israele attacca potrà sempre dire che a Gerusalemme hanno sbagliato e darà la colpa alla “volontà guerrafondaia” degli israeliani. Più o meno anche gli altri la pensano così, con piccole differenze per la Russia e la Cina che, comunque vada, appoggeranno il regime iraniano. E non ci si faccia ingannare dalle sanzioni proposte da Washington, Obama non poteva fare diversamente per fermare un attacco israeliano.
Però adesso siamo davvero al limite e a Gerusalemme si stanno rendendo conto che questa tattica attendista non può che procurare guai. Ormai è chiaro che Obama non supporterà un attacco israeliano alle centrali nucleari iraniane a meno che non vi sia costretto dal precipitare degli eventi. Un attacco unilaterale israeliano lo toglierebbe dai guai perché gli permetterebbe di dare la colpa a Israele e allo stesso tempo di intervenire se la situazione dovesse precipitare. Un piccione con due fave: passerà da pacifista e da interventista allo stesso tempo. Solo che nel frattempo sarà morta tanta gente. Un gioco sporco e pericoloso.
E se qualcuno dovesse credere che Israele attenderà ancora si sbaglia di grosso. Purtroppo a Gerusalemme non lo possono fare. Le intenzioni degli iraniani sono chiare e la minaccia esistenziale è limpida e dichiarata. Lasciare che l’Iran si doti di armi nucleari è un rischio che Israele non può correre, un rischio ben superiore a quello di una guerra con l’Iran. E’ una questione di “peso”. Non solo, ad accelerare gli eventi ci sono i cambiamenti in corso nei Paesi arabi investiti dalle rivoluzioni. L’odio verso Israele sta toccando vette di antica memoria e più passa il tempo, più questo odio condizionerà i Governi di quei Paesi. Anche di questo a Gerusalemme devono tener conto.
E’ impensabile che a Washington non sappiano queste cose, ecco perché affermo che “vogliono la guerra”, solo che non vogliono essere loro a scatenarla e vorrebbero trarne il massimo profitto anche a livello mediatico e politico. E’ davvero una porcata che potrebbe costare molte vite umane, ma la politica obamiana non fa di questi calcoli.
Franco Londei