«Un attacco israeliano all’Iran non destabilizzerà il Medio Oriente, anzi lo renderà molto più sicuro e stabile senza la minaccia nucleare sciita». A dirlo è Ruben Weizman, responsabile per il Medio Oriente di Watch International e Direttore del CASMO (Centro di Analisi Strategiche per il Medio Oriente), un organismo che racchiude i migliori analisti internazionali provenienti da diversi contesti.
«Noi non dobbiamo fare l’errore fatto fino ad oggi di vedere le conseguenze delle azioni in Medio Oriente nell’ottica dell’immediato futuro, ma dobbiamo vederle nell’ottica del lungo periodo – dice ancora Weizman a Secondo Protocollo – cioè dobbiamo chiederci se è meglio un Medio Oriente destabilizzato per un breve periodo nell’immediatezza di un eventuale attacco israeliano alle centrali nucleari iraniane, oppure se non sia più destabilizzante, soprattutto nel lungo periodo, avere un Iran con la bomba atomica».
Il ragionamento di Ruben Weizman parte da un punto che troppo spesso gli analisti, soprattutto quelli americani contrari ad un attacco all’Iran, tendono a dimenticare, cioè che tutti i maggiori Paesi arabi sono assolutamente favorevoli ad un attacco all’Iran per impedire al regime sciita di ottenere la bomba atomica. L’Arabia Saudita, da sempre considerata la principale nemica di Israele, nell’ottica di un attacco all’Iran è arrivata addirittura a mettere a disposizione degli aerei israeliani il proprio spazio aereo e una base militare. «Tutto il mondo sunnita è profondamente preoccupato del fatto che l’Iran possa dotarsi di armi nucleari – dice ancora Weizman – tranne la Siria e Hamas che vedono nell’Iran il mezzo per potersi liberare di Israele».
Ma cosa potrà accadere in Medio Oriente a seguito di un attacco israeliano alle centrali nucleari iraniane? Secondo Weizman niente di catastrofico. «Certamente ci sarà una risposta armata da parte di Hezbollah e di Hamas ma credo che sarà circoscritta. Hezbollah sa benissimo che questa volta non reggerebbe alla reazione israeliana mentre Hamas è perfettamente cosciente che deve la sua sopravvivenza agli aiuti arabi e non a quelli iraniani e che una invasione della Striscia di Gaza da parte israeliana questa volta non si fermerebbe senza la completa eliminazione del gruppo terrorista. Sicuramente le minoranze sciite scenderanno in piazza per protestare ma anche in questo caso saranno manifestazioni circoscritte. Quello che gli analisti tendono spesso a dimenticare – continua ancora Weizman – è che Israele non bombarderà l’Iran nel vero senso della parola, ma colpirà chirurgicamente solo i siti nucleari evitando quindi di fare vittime civili. E’ sbagliato quindi parlare di “attacco all’Iran” ma bisognerebbe parlare di “attacco alle centrali nucleari iraniane”, una distinzione non da poco».
Ma l’Iran ha promesso di reagire in maniera devastante con il lancio di missili su Israele. «C’è la concreta possibilità che Teheran reagisca con il lancio multiplo di missili a lunga distanza – ci dice ancora Weizman – ma non dimentichiamo che Israele dispone di un eccellente sistema antimissile (il sistema Iron Dome n.d.r.) posto a difesa dei principali obbiettivi e città israeliane, poi anche in questo caso ritengo che la reazione sarà limitata specie se il bombardamento israeliano sarà veramente chirurgico».
E le potenze regionali, come la Turchia e l’Egitto, come reagiranno ad un eventuale attacco israeliano alle centrali nucleari iraniane? «Dei Paesi arabi ne abbiamo già parlato. La Turchia, anche se la politica di Erdogan si è fatta sempre più anti-israeliana, teme moltissimo un Iran nucleare che potrebbe vanificare tutti gli sforzi fatti dai turchi per proporsi come potenza regionale quindi, anche se ufficialmente non lo ammetteranno mai, sono favorevoli ad un attacco. Certo, nell’immediato rilasceranno dichiarazioni di fuoco contro Israele ma sotto sotto lo prenderanno come un favore. La stessa cosa vale per l’Egitto».
In sostanza se Israele attaccasse le centrali nucleari iraniane oltre che a se stesso farebbe una grandissimo favore anche agli arabi e alla Turchia? « In sostanza è proprio così. Certo, non ci aspettiamo che i leader arabi ringrazino pubblicamente Israele anzi, come detto, probabilmente ci saranno dichiarazioni di fuoco, ma alla fine tutti ne saranno contenti. E’ per questo che non prevedo una grossa destabilizzazione del Medio Oriente a seguito di un attacco israeliano alle centrali nucleari iraniane».
Ma allora perché gli USA sono così contrari ad un intervento? «Il timore di Obama è quello di essere risucchiato in un conflitto alla vigilia delle elezioni. E poi va detto che gli attuali consiglieri del Presidente non ne capiscono niente di Medio Oriente e prefigurano scenari apocalittici senza ragionarci sopra minimamente. Di fatto, secondo un recente studio, la maggioranza degli americani è per un intervento armato e quindi Obama è tra due fuochi, da un lato chi lo vorrebbe prudente, dall’altro chi lo vorrebbe deciso. Nei fatti ha scelto di rimanere immobile».
E’ possibile che Israele attacchi senza avvisare gli USA e i maggiori alleati? «No, è assolutamente impossibile anche se c’è la possibilità che questi lo neghino».
Mi sembra di capire che tutti vogliano fermare l’Iran ma che vorrebbero che fossero gli israeliani a prendersene la responsabilità storica. Le sembra giusto? «Giusto non è, ma è quello che avviene da sempre. Tutti vorrebbero fermare l’avanzata dell’Islam integralista ma poi alla fine l’unico a fare qualcosa di concreto è proprio Israele. Tutti lo sanno, tutti in qualche modo partecipano, ma ufficialmente non lo fanno. E’ così da quando Israele è nato».
Intervista di Miriam Bolaffi