«C’è davvero da chiedersi per cosa sono morti tutti i nostri ragazzi se oggi lasciamo l’Iraq alla totale mercé dell’Iran». Con queste amare parole un anonimo alto ufficiale americano commenta la recente decisione del Presidente Obama di lasciare totalmente l’Iraq.
In effetti la decisione di Obama, unico che a suo tempo votò contro la guerra in Iraq, lascia perplessi molti autorevoli analisti, specie perché arriva una settimana dopo che gli Stati Uniti annunciavano di aver sventata un attentato ordito dall’Iran contro l’ambasciatore saudita negli USA e contro le ambasciate di Israele e Arabia Saudita, annuncio poi seguito da pesanti minacce a Teheran.
In Iraq attualmente c’è un governo, quello guidato da Nouri al Maliki, che tollera apertamente la presenza di oltre 30.000 uomini armati appartenenti alle Brigate Al Qods, che si rifanno direttamente alle Guardie della Rivoluzione Iraniana. Ritirare oggi tutti i militari americani vuol dire sostanzialmente consegnare il paese nelle mani degli sciiti che prendono ordini direttamente da Teheran. Quindi significa consegnare l’Iraq all’Iran senza colpo ferire.
Non solo, il ritiro dei militari americani dall’Iraq implica almeno altri due fattori di non poco conto. Il primo è quello che riguarda il Kurdistan. Se fino ad oggi la Turchia ha limitato i suoi interventi in territorio curdo-iracheno a sporadiche escursioni e a limitati bombardamenti aerei, lo si deve soprattutto alla presenza di soldati americani nel nord dell’Iraq e a un senso di gratitudine di questi ultimi verso i coraggiosi combattenti curdi che per primi si sono dati una certa autonomia operativa senza avere grande bisogno dell’intervento americano. Ma ora, senza la presenza degli americani, il Kurdistan potrebbe essere invaso dalla Turchia senza che nessuno si possa opporre. Proprio i turchi con l’invasione a sorpresa di Cipro ci hanno insegnato che sanno approfittare delle indecisioni della comunità internazionale. Il secondo problema è quello relativo ad una possibile opzione militare contro l’Iran qual’ora continui a perseguire il raggiungimento di un armamento nucleare. Con il ritiro delle truppe americane dall’Iraq, di fatto Obama esclude qualsiasi opzione militare nel breve periodo lasciando proprio agli iraniani il controllo di quella che è strategicamente la più importante piattaforma di lancio per eventuali attacchi contro l’Iran.
Nei fatti il ritiro delle truppe americane dall’Iraq è una grandissima vittoria degli Ayatollah che si ritrovano in mano il totale controllo dell’Iraq senza colpo ferire e, di fatto, si coprono le spalle da quello che era senza ombra di dubbio il loro punto debole in caso di un conflitto militare con gli USA.
Concludendo, siamo di fronte all’ennesima prova di debolezza del Presidente Obama che, a livello internazionale, non ne ha indovinata una. Da quando è diventato Presidente degli Stati Uniti, la più grande potenza del mondo è passata velocemente da garante delle democrazie e della libertà, a fantoccio in mano del mondo islamico. Complimenti Mr.President.
Sharon Levi