Abbiamo dato voce alla felicità della famiglia di Gilad Shalit e di tutti i loro sostenitori quando abbiamo annunciato il raggiungimento dell’accordo tra il Governo israeliano e i terroristi di Hamas. Ora non possiamo (democraticamente, come si usa in Israele) non dare voce anche a chi dissente da questa scelta.
Sono le vittime del terrorismo palestinese che attraverso la voce di Yossi Mendelevitch, il cui figlio fu ucciso da un attentato nel 2003, e di tanti altri genitori, mogli, fratelli, sorelle o semplicemente amici, che hanno perso qualcuno per mano del terrorismo arabo, si ribellano a quella che loro chiamano “la resa di Israele di fronte al terrorismo”.
Yossi Mendelevitch ieri ha detto che sostituirà la bandiera bianca e blu di Israele con una bandiera bianca in segno di resa. «Sono molto contento per la famiglia Shalit che potrà riabbracciare il proprio figlio» ha detto ieri alla stampa israeliana «ma non riesco a nascondere che questa per noi, vittime del terrorismo palestinese, è come se ci avessero ammazzano i nostri cari per una seconda volta». Secondo le vittime del terrorismo palestinese la liberazione di oltre mille terroristi costerà a Israele molte altre vittime e sofferenze. «Questa è una vittoria per Hamas e una sconfitta per Israele» ha detto Moshe Har Melech che ha perso il figlio in un attacco terroristico nel 2003. Sulla stessa linea anche Ron Kerman la cui figlia 17enne venne uccisa dai terroristi palestinesi in un attentato ad un autobus.
Ma non sono solo le vittime del terrorismo palestinese a non condividere la scelta del Governo di liberare oltre mille terroristi per un solo ostaggio, molta gente in Israele, pur nella felicità della liberazione di Gilad Shalit, non capisce la decisione di rimettere in circolazione tutti quei terroristi e di dare ad Hamas una scusa incredibile per cantare vittoria. Si teme che dopo aver restituito Gilad Shalit i terroristi palestinesi faranno di tutto per rapire altri israeliani dando il via ad una spirale senza fine di rapimenti. Lo stesso timore si vive nel nord del Paese dove gli Hezbollah proprio ieri si sono congratulati con Hamas per la “grande vittoria che dimostra come la diplomazia non paghi con Israele”.
Insomma, il rischio più che concreto è che con questa scelta Israele presti il fianco, oltre che a una forte strumentalizzazione da parte dei terroristi, a nuovi rapimenti di civili e/o di militari. E poi va detto che con questo accordo Hamas si è fortemente rafforzata ai danni della ANP che per quanto non sia certo il massimo e l’unica controparte con cui trattare.
Questi ragionamenti, che vanno molto oltre alla felicità di riavere Gilad Shalit che resta assolutamente invariata, non possono non essere fatti se si vuole analizzare la questione da più punti di vista, anche da quelli meno politically correct. Gioiamo quindi per la liberazione di Gilad Shalit ma non perdiamo di vista l’altra faccia di questa storia, quella di chi vede nella sua liberazione un clamoroso atto di resa di Israele nei confronti del terrorismo.
Miriam Bolaffi