Palestina-Europa: vince la linea anti-israeliana della Ashton

Ieri il Parlamento Europeo riunito in sezione plenaria a votato a maggioranza per alzata di mano il suo appoggio alla richiesta di riconoscimento palestinese alle Nazioni Unite. Vince così la linea voluta dalla baronessa Catherine Ashton, da sempre anti-israeliana.

L’Unione Europea con la risoluzione votata ieri  ha ribadito di sostenere “il principio dei due stati” sui confini del 1967 e con Gerusalemme capitale (capitale di chi?). Nel testo della risoluzione si ribadisce anche la “indiscutibilità” del Diritto all’esistenza di Israele e quello della Palestina di costruire un proprio Stato che viva in pace con i vicini entro confini ben definiti. Peccato che in queste affermazioni ci sia una contraddizione di fondo che sta proprio nel “vivere in pace con i vicini” dato che anche dalle ultime dichiarazioni di Abu Mazen si può tranquillamente escludere almeno da parte palestinese. Oltretutto questa “strana risoluzione della UE” arriva all’indomani del rifiuto del leader palestinese di accettare di riconoscere lo Sato di Israele come “Stato Ebraico”. Non solo, nei giorni scorsi Abu Mazen aveva anche rifiutato il piano di avvicinamento a nuovi colloqui con Israele proposto dal “Quartetto” .

Allora c’è da chiedersi davvero come l’Unione Europea possa supportare la richiesta palestinese senza nemmeno fare lo sforzo di chiedere agli stessi palestinesi almeno lo sforzo minimo di riconoscere lo Stato Ebraico. E si, perché come abbiamo avuto modo di dire altre volte, senza il riconoscimento da parte palestinese dello Stato Ebraico di Israele non può esserci alcuna trattativa.

Quasi comico quanto detto dalla vicepresidente del Parlamento europeo, Roberta Angelilli (PDL): «l’Europa ha lanciato un messaggio chiaro: riaprire senza alcun indugio i negoziati di pace e arrivare alla costituzione di due Stati Sovrani, unica strada possibile per poter scrivere realmente la parola pace in Medio Oriente».  E poi ha aggiunto che «è ora che l’Europa faccia sentire la sua voce autorevole nelle questioni internazionali di politica estera, divenendo la figura di mediatore principale anche all’interno del Quartetto, per riportare Palestina e Israele ai tavoli di negoziazione quanto prima». Ora, qualcuno dovrebbe spiegare alla Angelilli (magari qualche parlamentare del PDL italiano) che a guidare la politica estera dell’Unione Europea c’è la baronessa Catherine Ashton, il che esclude automaticamente qualsiasi ipotesi di autorevolezza.

Noemi Cabitza

  1. E’ certamente indispensabile riferire di cronaca politica, come nel caso di questo pronunciamento del Parlamento europeo. Tuttavia penso possa essere utile cercare di dare un senso univoco al sommovimento politico/diplomatico degli ultimi anni. Ad esempio, partendo dall’elezione di Obama. Una domanda è cruciale: si pensa che sia veramente possibile la soluzione due Stati per due popoli, da cui tutti partiamo? E si pensa che sia veramente creduta tale da Stati e Organizzazioni internazionali che prendono posizione nel merito con atti e pronunciamenti? La risposta alla seconda domanda è quella che conta di più. Ora, osservando e analizzando i vari comportamenti di coloro che hanno poteri decisori , mi sembra che la risposta sia NO. Se si parte da questo assunto, allora forse diventa più chiara l’interpretazione non solo degli atti politici, ma anche delle politiche dell’informazione riguardanti il medio oriente. Che cosa infatti si chiede da più parti allo Stato di Israele? Ufficialmente si chiede di favorire la soluzione dei due stati , evitando di costruire a Gerusalemme e in West bank. Cosa si chiede ad Abu Mazen? Praticamente nulla. Non solo , ma si evita accuratamente di fargli notare che le sue precondizioni sono per definizione fuori da ogni trattativa, e tuttavia danno forma alla soluzione negoziale almeno per il 70 per cento. In più, non gli si fa notare che il cosiddetto diritto di ritorno è una soluzione non negoziabile, perchè in netto contrasto con l’esistenza stessa di qualunque Stato e quindi anche dello Stato di Israele.( Sarebbe come se in Italia dovessero entrare quaranta milioni di persone in più ) Va aggiunto che Abu Mazen ha dichiarato – nel silenzio totale dei suoi interlocutori internazionali – che il diritto di ritorno è un diritto oggettivo della persona , che neanche lui può modificare: per cui la sua richiesta di merito concerne un diritto inalienabile e quindi ovvio e non negoziabile. C’è da domandarsi cosa ci sia a questo punto da negoziare. Ciò nonostante, se il Comune di Gerusalemme approva, certamente con il consenso del Governo, un piano edilizio di costruzione di alloggi , subito tutti in coro rimproverano Netaniahu di “ostacolare la pace “, di allontanare la possibilità di aprire un negoziato ormai indilazionabile. E giù fiumi di inchiostro e pronunciamenti di Governi e Parlamenti, che si preoccupano solo di stabilire in astratto la legittimità dello Stato Palestinese.
    Per farla breve, sembra che la cosiddetta comunità internazionale abbia deciso di chiedere ad Israele l’accettazione di un suicidio programmato , naturalmente in nome della pace e dei diritti dei popoli. Che dire alla fine? Lo status quo sul campo è quello che è. Tocca agli altri modificarlo, se proprio ci tengono, non ad Israele. L’altro fronte del conflitto è quello dell’informazione, e ciascuno grazie ad internet può parteciparvi, ovviamente con pesi molto differenti . Voglio concludere con una battuta: certamente i Padri fondatori dello Stato ebraico scelsero per il nuovo Stato un nome giusto; tuttavia, se avessero scelto di chiamarlo Stato Palestinese, forse il nome avrebbe aiutato per una maggiore ” titolarità ” data dal nome puramente geografico ( da Adriano in poi ) e certamente non sarebbe stato scippabile dagli arabi negli ultimi cinquant’anni. Ma si tratta solo di una battuta : giusto per vedere “l’effetto che fa” nel dibattito sulla legittimità storica dello Stato arabo di Palestina.

    PS: personalmente non credo più nella possibilità “attuale ” di due Stati per due popoli.

  2. per Milano – quindi il succo di questo discorso quale sarebbe? Che è valida la teoria dello stato unico oppure che Israele deve buttare a mare tutti i palestinesi? Il primo caso starebbe bene a molti (me compreso) mentre il secondo sarebbe un sopruso di inenarrabile grandezza. Mi pare che tra voi sionisti si faccia sempre più avanti la seconda soluzione. La SOLUZIONE FINALE contro il popolo palestinese

  3. per Marik – il succo di questo discorso sarebbe che per fare due Stati per due popoli bisogna volerlo in due e, se eventuali terzi, ad esempio la comunità internazionale ,dicono di avere questo scopo e poi propongono dei mezzi totalmente sconclusionati per raggiungerlo, vuol dire che questi terzi hanno un altro scopo. La realizzazione dello Stato unico, può anche essere giusta in astratto, ma i due popoli dovrebbero diventare entrambi per lo meno “multiculturalisti” e dimostrare di sentirsi cittadini di un unico Stato! Non mi pare che la situazione di sempre autorizzi questa descrizione della realtà in corso di svolgimento. Soprattutto presso i Palestinesi. In Israele mi risulta che convivano diverse confessioni religiose e diversi orientamenti politici. Ci sono, per esempio, anche dei musulmani circassi, il cui Imam in un intervista che ho ascoltato su you tube (verificare) ha dichiarato che loro , pur provenendo dal Caucaso, da cui furono scacciati dai Russi, considerano Israele come la loro patria, perchè li rispetta in tutto, mentre ciò ( parole sue ) non accade in tutti gli altri paesi arabi dove vivono altre comunità circasse. E stiamo parlando di musulmani. Quindi , quanto a tolleranza la situazione non sarebbe omogenea. O forse Marik pensa che Israele sia assimilabile in questo ai paesi arabi e magari all’Iran? Quanto infine ” a buttare a mare tutti i Palestinesi”, questo sarà magari un incubo notturno di Marik, ma non fa parte della realtà . Nessuno lo ha mai fatto, e nessuno lo sta facendo, anche se ancora non ci sono i due stati . A questo proposito, però, Marik potrebbe anche informarsi, per sua curiosità, su quali siano sempre stati gli obiettivi dichiarati dei dirigenti palestinesi e trarre qualche conclusione. Non mi sembra corretto ipotizzare delle cose che non stanno nè in cielo nè in terra e poi attribuirle agli interlocutori come se fossero dei dati di realtà o delle intenzioni implicite o inevitabili. E’ chiaro adesso?
    E per finire una curiosità: come mai Marik pensa che ” sionista” sia una parolaccia? Questo indica che prova delle avversioni e che fa delle preferenze, anche se parla di Stato unico e di eguaglianza di diritti ?

  4. a me sembra che l’obbittivo finale dei palestinesi sia lo stato unico e che tutte le sciocchezze che fanno per boicottare i colloqui di pace mirano esclusivamente a questo. Attenzione però, loro non vogliono lo stato unico per convivere con gliebrei in pace e tranquillità, ma semplicemente perché nel giro di pochi anni sarebbero la maggioranza (l’Islam conquisterà il mondo anche con l’utero delle donne). Nei giorni scorsi Abu mazen disse che la nuova Palestina sarebbe stata “Jews free” (l’ho letto da qualche parte, forse anche qui) mentre invece i palestinesi residenti in Israele godono di tutti i diritti. Questo per far capire la enorme differenza che c’è tra queste due culture il che rende irrealizzabile qualsiasi ipotesi di stato unico.

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