Siccome ogni volta che si parla di “immigrati” e di “immigrazione” è facile fare confusione o scatenare un vespaio tra chi la sostiene e chi no, è necessario prima di iniziare a parlare di quello che è successo ieri a Lampedusa, fare una premessa: le uniche persone che hanno Diritto all’accoglienza in Italia sono le persone perseguitate e identificabili dal Diritto Internazionale come “rifugiati”. Tutti gli altri non hanno alcun Diritto se non quello di aspettarsi una accoglienza decente e una corretta valutazione delle loro richieste di asilo o di permanenza.
E’ bene chiarire con precisione questo punto prima di iniziare ad affrontare gli avvenimenti di Lampedusa perché c’è una certa tendenza da parte di alcuni a giustificare la “rivolta tunisina” o quantomeno a sdrammatizzarla. Invece non c’è niente da sdrammatizzare perché quello che è avvenuto a Lampedusa nei giorni scorsi è un segnale inquietante di come certe persone intendano il “Diritto” e di come la parola “libertà” venga usata a sproposito in talune circostanze.
Innanzi tutto, come da premessa, l’immigrazione è regolata da precise regole secondo le quali non è assolutamente vero che chiunque giunga i Italia o in qualsiasi altro Paese europeo abbia il Diritto di rimanerci. Ci sono strade legali da seguire per ottenere quel Diritto. C’è solo una deroga a questa strada, quella di chi arriva in Italia da perseguitato, cioè da persona che nel suo Paese rischierebbe la vita per ragioni politiche, di razza o perché discriminato per il suo stato sociale o sessuale (di genere). Quella persona ha il Diritto di essere accolto e che le autorità verifichino in tempi equi se veramente ha Diritto allo status di rifugiato. Allo stato attuale, fatti salvi alcuni casi particolari, non risulta che chi provenga dalla Tunisia sia inquadrabile tra coloro che hanno il “Diritto di asilo”, anzi, secondo la credenza comune di chi parla di “primavera araba” oggi in Tunisia ci sarebbe maggior libertà di quanto non ce ne fosse con Ben Alì. Per quale motivo allora i tunisini fuggono dalla loro terra e, come abbiamo visto dalle immagini provenienti da Lampedusa, chiedono a gran voce “liberta”? Cosa intendono con la parola “liberta”? Quello di poter girare tranquillamente e senza regole per l’Italia o per l’Europa? Questa non sarebbe certo libertà quanto piuttosto “anarchia”, parola che non si coniuga affatto con “democrazia”.
Le cosiddette “primavere arabe” che noi definiamo “rivolte islamiche” hanno in effetti aperto una autostrada allo spostamento di grandi masse di persone che “pretendono di essere accolte in Europa” acclamando Diritti che in effetti non hanno. Alla negazione di quei Diritti che credono o pretendono di avere, si scatena la rivolta sociale con le conseguenze che abbiamo visto in questi giorni a Lampedusa. L’Europa, e l’Italia in particolare, non può permettersi il lusso che tutto ciò avvenga, che quelle rivolte si trasferiscano nel continente. Bruciare tutto, minacciare di fare esplodere distributori o case, dare la caccia agli isolani non è il modo giusto per rivendicare un Diritto che non sia ha. E’ solo un modo prepotente di imporre agli altri le proprie ragioni. O fai così oppure io brucio tutto. O mi fai andare dove voglio oppure io scateno un inferno.
Quello che dobbiamo domandarci da questi avvenimenti è se quello di Lampedusa è un episodio isolato oppure dobbiamo aspettarci una vera invasione di “rivoluzionari arabi” che pretendono cose cui non hanno Diritto e, vistosele negare, mettono a ferro e fuoco il Paese o il continente. Insomma, dobbiamo aspettarci uno spostamento in Europa delle “rivoluzioni islamiche” (primavere arabe per i buonisti) oppure quello di Lampedusa è solo un caso isolato?
La domanda non è retorica perché temo che, con l’appoggio di una parte di quei buonisti a oltranza che vorrebbero porte aperte per tutti, ben presto ci troveremo a fare i conti con la prepotenza araba che pretende di avere libero accesso al vecchio continente e quando, come è logico, tale accesso verrà negato questi “rivoluzionari islamici” non sapranno fare niente di meglio che mettere a ferro e fuoco tutto quanto gli passerà a portata di tiro. Spero di no, spero che questo non avvenga e che i rivoluzionari arabi continueranno a fare le rivoluzioni a casa loro, ma temo che quello di Lampedusa sia stato solo un antipasto di quello che ci aspetterà se non si pone un freno al flusso migratorio dal Maghreb verso l’Europa.
E’ logico che con “porre un freno” non intendo dire che bisogna sparare sulle imbarcazioni di disperati che attraversano il Canale di Sicilia per arrivare a Lampedusa, ma che è necessario attivare con i Paesi maghrebini un accordo serio e permanente per bloccare le partenze all’origine. Diversamente ci troveremo sempre più persone che al grido di “libertà, libertà” cercheranno di imporre la loro “democrazia” alla nostra senza andare tanto per il sottile se nel farlo calpesteranno quelli che sono i nostri Diritti.
Noemi Cabitza