Sono passati due anni dalle rivolte post-elettorali che avevano infiammato l’Iran dopo che il dittatore Ahmadinejad aveva mantenuto il potere con massicce frodi elettorali. Da allora la dissidenza iraniana è stata decimata ma non sconfitta. Migliaia di dissidenti sono ancora in carcere, detenuti in condizioni disumane nel quasi totale silenzio del cosiddetto “mondo civile”.
Sono passati due anni da quel vergognoso comportamento omertoso dell’occidente che permise al regime iraniano di soffocare nel sangue il “Movimento Verde” che chiedeva pacificamente democrazia e Diritti Umani. Oggi qualche “organizzazione per i Diritti Umani” sfodera qualche rapportino pieno di banalità e di cose risapute (per altro senza dare alcun riferimento, come sempre) quando due anni fa nel pieno delle rivolte quelle stesse organizzazioni stettero in vergognoso silenzio limitandosi a qualche sterile comunicato di condanna. Nulla può però cancellare il dubbio che quel silenzio complice non sia stato altro che il frutto di una scelta politica volta a non “screditare troppo” quello che è senza dubbio il maggior nemico di Israele, che cioè quel vergognoso silenzio sia stato strumentale a mantenere Ahmadinejad al potere come se fosse l’unico modo di bilanciare le forze in campo in Medio Oriente.
Di certo un Iran democratico spaventa moltissima gente. Non si spiega altrimenti il diverso comportamento di aperto sostegno (quando non di interferenza diretta) che si è visto con le “rivolte arabe” in Tunisia e, più ancora, in Egitto, un comportamento che ha permesso senza tanti sforzi ad una giunta militare palesemente anti-israeliana di prendere il potere in Egitto e di sconvolgere nel giro di poche settimane i deboli equilibri dell’area, equilibri raggiunti in 60 anni di guerre e di trattati.
Pensate invece per un momento a cosa sarebbe accaduto se la rivolta del Movimento Verde iraniano avesse avuto successo. I persiani non sono gli arabi. Nei persiani il “virus della democrazia” è molto forte. I giovani iraniani non sono i giovani arabi che accettano la dittatura della giunta militare in luogo della dittatura di Mubarak. Se la loro rivolta avesse avuto successo l’esplosione della democrazia sarebbe stata devastante e probabilmente avrebbe contagiato anche i Paesi vicini. E’ questo che ha condannato a morte il Movimento Democratico iraniano, la paura da parte dell’occidente dei cataclismi democratici in Medio Oriente. Con la cosiddetta “primavera araba” invece di cataclismi non ce ne sono stati. C’è stato solo un riequilibrio (potenzialmente dannoso) in certe aree che però ha permesso agli arabi di liberarsi di personaggi sicuramente despoti ma fondamentalmente laici e, soprattutto, moderati nei loro rapporti con Israele e con l’occidente. Per dirla tutta, la “primavera araba” è diventata nel volgere di poco tempo un “autunno arabo” con il consenso dell’occidente e di quelle “belle anime pensanti” di certe organizzazioni per la difesa dei Diritti Umani, le stesse che non perdono occasione per difendere gruppi terroristi come Hamas ed Hezbollah e condannare sempre e comunque Israele, qualsiasi cosa faccia.
E adesso la Siria sta subendo la stessa sorte dell’Iran, abbandonata a se stessa per non sconvolgere quei nuovi equilibri filo-arabi che tanto faticosamente si sono costruiti dopo la cosiddetta “primavera araba”. Una Siria democratica, seppure non con la stessa forza dei persiani, potrebbe scombussolare tutto.
E’ paradossale come gli unici due Stati islamici (il persiano Iran e l’araba Siria) che veramente potrebbero raggiungere una forma democratica davvero importante vengano sacrificati sull’altare degli equilibri anti-israeliani in Medio Oriente. Soprattutto l’Iran, che personalmente considero l’unico stato che culturalmente ha insito nei suoi giovani il vero seme della democrazia, deve rimanere succube della tirannia perché la reazione a catena che potrebbe scatenare una democratizzazione iraniana potrebbe spazzare via tutti i piani ordini fin qui con le varie “primavere arabe” che hanno certamente deposto tiranni conclamati ma che hanno anche ridisegnato un Medio Oriente in stile “fratellanza musulmana” meno democratico e più virulento nella sua anti-democraticità. Era forse questo il Medio Oriente che avevano in testa Obama e le belle anime pensanti di quelle organizzazioni per la “difesa dei Diritti Umani” che con il denaro arabo ci campano? Forse si, ma certamente è ben lungi dall’essere un Medio Oriente democratico.
Noemi Cabitza