La Freedom Flotilla? E’ solo una pericolosa provocazione che va fermata

Stati Uniti, Nazioni Unite, Unione Europea (con la solita eccezione della Haston e di qualche paese filo-Hamas come la Svezia) sono tutti concordi nel dire che la Freedom Flotilla che si accinge a partire nei prossimi giorni con l’intenzione di forzare il blocco navale su Gaza, sia solo una mera provocazione e che non abbia alcun connotato umanitario oltre a non servire minimamente al popolo palestinese.

La prova evidente di tutto questo sta in un episodio, accuratamente sorvolato da certi organi di informazione cosiddetti “pacifisti”, avvenuto nei giorni scorsi e riportato ieri da Watch International. Un gruppo di 10 ONG ha introdotto oltre 30 tonnellate di materiale umanitario nella Striscia di Gaza senza alcun problema passando semplicemente per le normali vie riconosciute che, nella fattispecie, sono quelle che passano per l’Egitto e per il valico di Rafah.  Il progetto “Miles of Smiles” è partito da Venezia, ha fatto scalo ad Alessandria d’Egitto e poi ha scaricato tutta la merce nel porto egiziano di el-Arish da dove poi il carico umanitario (30 tonnellate di attrezzature mediche, 12 ambulanze e alimenti per l’infanzia) è stato portato nella Striscia di Gaza via terra attraverso il valico di Rafah. Il tutto senza alcun problema.

Cosa dimostra questo episodio? Semplice, che chi vuole veramente portare aiuti umanitari nella Striscia di Gaza (ammesso che ce ne sia bisogno) lo può fare attraverso i normali canali senza per questo andare a scatenare un conflitto armato cercando di forza il legittimo blocco navale israeliano.

Cosa vogliono fare invece quelli della Freedom Flotilla? Vogliono semplicemente provocare l’ennesimo scontro con Israele, così come avevano fatto lo scorso anno quando una azione organizzata dalla IHH, una Ong turca legata a diversi movimenti terroristici islamici, portò alla morte di otto attivisti armati che avevano cercato di linciare i soldati israeliani saliti a bordo di una nave (la Navi Marmamara) che insieme ad altre cercava di forzare il blocco navale israeliano.

Insomma, come ha detto  Hillary Clinton in una conferenza stampa tenutasi ieri nelle Filippine, non c’è alcun motivo umanitario e non c’è alcun beneficio alla popolazione palestinese riconducibile alla Freedom Flotilla. Anzi, tecnicamente la spedizione è una violazione del Diritto Internazionale annunciata e quindi è un reato annunciato in anticipo dai suoi partecipanti. Non si capisce quindi come i partecipanti possano chiedere la copertura legale internazionale o di alcuni singoli Stati come hanno fatto quelli della frangia italiana della Freedom Flotilla un paio di giorni fa i quali hanno chiesto la copertura al Ministro degli Esteri, Franco Frattini, adducendo al fatto che “a bordo della nave italiana (la Stefano Chiarini) ci saranno cittadini italiani che hanno Diritto ad essere protetti e tutelati” chiedendo addirittura l’istituzione di una apposita Unità di Crisi “per essere pronti, come ministero degli Esteri, a far fronte a ogni eventuale difficoltà che dovesse presentarsi”. Insomma, questi annunciano in anticipo di voler commettere un reato e poi vogliono essere tutelati e protetti. E come se un cittadino italiano che vuole commettere un reato chiamasse la Farnesina il giorno prima annunciando il reato e chiedendo di essere tutelato.

E allora voglio ribadire con forza il concetto: chi vuole portare “aiuti umanitari” nella Striscia di Gaza lo può fare senza alcun problema attraverso l’Egitto, così come fanno decine di Ong ogni giorno. Chiunque cerchi di trovare altre vie lo fa solo ed unicamente per provocare lo scontro e non certo per intenzioni umanitarie. Quali sono poi i motivi che spingono questa gente a cercare lo scontro lo lascio decidere agli altri e a chi è deputato a farlo. No, perché è bene chiederselo il perché questa gente voglia a tutti i costi provocare uno scontro con Israele quando potrebbe benissimo portare “aiuti umanitari” a Gaza attraverso i normali canali e, se è il caso, proporre questo quesito agli organi deputati a indagare su cosa ci sia in effetti dietro alla “Freedom Flotilla”.

Miriam Bolaffi