C’è da rabbrividire a sentir parlare certi personaggi politici e una buona parte del giornalismo di sinistra e di destra. La locuzione più usata (abusata) per definire le rivolte che infiammano il mondo arabo è: “primavera democratica del mondo arabo”. Beh, dopo qualche mese da quella rivolta che aveva dato il via alla cosiddetta “primavera democratica”, cioè quella tunisina, non vedo davvero dove si possa scorgere questa primavera democratica.
La Tunisia, prima a partire in questo susseguirsi di rivolte, è ancora al palo e lontanissima da qualsiasi parvenza effettivamente democratica. La prova è evidente con le migliaia di tunisini che ogni giorno cercano di raggiungere l’Europa al grido di “libertà”. Se oggi la Tunisia fosse veramente un Paese democratico non avrebbero ragione di fare quello che fanno.
Il secondo a partire con le rivolte è stato l’Egitto. Il risultato è stato l’abbattimento del regime di Mubarak sostituito però da un regime militare guidato dal maresciallo Mohamed Hussein Tantawi, il quale solo pochi giorni fa ha fatto sparare addosso ad alcuni manifestanti che osavano gridare che non era quello che volevano. Non solo, è chiarissima l’ascesa nel paese dei faraoni della Fratellanza Musulmana, una ascesa confermata dalle recenti decisioni prese dal nuovo regime egiziano che hanno visto prima permettere ad alcune navi iraniane di passare il Canale di Suez, poi annunciare la riapertura permanente del valico di Rafah con la Striscia di Gaza (con tutto quello che comporta in termini di sicurezza) ed infine accettare di ospitare al Cairo un ufficio permanente di Hamas costretto a sloggiare da Damasco.
Dopo Tunisia ed Egitto è stata la volta della Libia e in questo caso l’ipocrisia occidentale è arrivata davvero a sfiorare il grottesco. Si è scatenata una vera e propria guerra con la Libia ufficialmente allo scopo di proteggere la popolazione civile dagli attacchi del Colonnello. In effetti si tratta dell’ennesima guerra per il petrolio messa in piedi dall’occidente, una guerra che però sta consentendo alla Fratellanza Musulmana di avanzare anche in Libia, quella stessa Fratellanza Musulmana già vista in Egitto e che Gheddafi (come Mubarak) ostacolava tenacemente e aveva relegato in Cirenaica nella zona di Tobruk e al massimo di Derna. Oggi, al comando dei rivoltosi libici, sicuramente ignari di tutto questo, c’è l’elite della Fratellanza Musulmana e, si teme, qualche infiltrato quaedista.
In mezzo a queste tre “rivoluzioni” ce ne sono poi altre che stanno interessando lo Yemen, il Bahrein, il Marocco ed infine la Siria della quale parleremo più avanti. Di queste, quelle in Yemen e Bahrein sono apertamente fomentate da Teheran che chiaramente non è campione di democrazia. Non vedo quindi come gli “eminenti studiosi e analisti nostrani” vi possano intravvedere una parvenza di “primavera democratica”. In Marocco la situazione sembra rientrata con estremo disappunto degli estremisti islamici che infatti hanno colpito il regno marocchino con un tremendo attentato avvenuto due giorni fa.
E veniamo alla Siria che forse, tra tutti questi paesi, è quella che veramente punta ad un sistema democratico volto ad allontanare l’estremismo islamico legato a quello iraniano. Non è un caso che proprio in Siria ci siano state le più sanguinarie repressioni contro i civili con centinaia di morti e migliaia di feriti. Intendiamoci, i rivoltosi siriani non sono immuni dalle stesse infiltrazioni islamista viste in Egitto e in Libia, tanto è vero che proprio ieri la Fratellanza Musulmana siriana ha dato il suo sostegno ai rivoltosi, solo che in questo caso il percorso è contrario, in Egitto e in Libia si è passati da un sistema fondamentalmente laico ad uno di ispirazione islamica, mentre in Siria si vorrebbe fare il percorso inverso. E’ chiaro che in questo caso la Fratellanza Musulmana avrà più problemi a prendere possesso del potere. E qui diventa assolutamente evidente l’incredibile paradosso occidentale. Con Egitto e Libia gli Stati occidentali, USA in testa, hanno pesantemente contribuito alla caduta dei rais (Gheddafi non è ancora caduto ma è questione di tempo) avvantaggiando l’avanzare dell’estremismo islamico, mentre invece con la Siria dove il percorso sarebbe inverso non si fa assolutamente niente, salvo qualche sporadica dichiarazione di condanna per le violenze perpetrate dal regime.
Ora vorrei che qualcuno di questi illuminati analisti, politici e giornalisti che parlano con tanto fervore di “primavera democratica del mondo arabo” mi spiegassero dove la vedono. L’unico posto dove si potrebbe veramente intravedere qualche cambiamento positivo viene letteralmente lasciato alla mercé del sanguinario dittatore Bashar al-Assad. Per il resto l’unica cosa evidente è la trasformazione da una forma di laicismo, seppure dittatoriale, ad una forma di estremismo islamico. Sono i fatti che parlano, il resto è tutta utopia.
Franco Londei