E’ sfociata in un orrendo massacro la protesta del venerdì santo in Siria. Oltre 70 morti (ma si parla di 90), decine e decine di feriti, oppositori e blogger arrestati, internet inaccessibile per molte ore, telefonia mobile e fissa a singhiozzo. Un quadro che ricorda drammaticamente i fatti accaduti in Iran durante le manifestazioni post-elettorali.
Ma non è solo un caso che la dinamica della repressione in Siria sia così simile a quella vista in Iran. Dietro al massacro di innocenti c’è la firma chiaramente leggibile di Teheran. L’opposizione aveva già denunciato le infiltrazioni iraniane tra i repressori. Si era parlato di uomini che parlavano in persiano tra chi guidava la polizia speciale. L’intelligence americana e israeliana aveva confermato che un certo numero di “Guardiani della Rivoluzione iraniana” erano da settimane a Damasco e nelle maggiori città siriane coinvolte nelle manifestazioni. Teheran aveva concesso in comodato gratuito a Damasco l’uso della tecnologia per oscurare la rete e le linee telefoniche usata con successo in Iran, tecnologia studiata per i mullah iraniani dalla “Nokia Siemens Network” e denominata “Deep Packet Inspection”. Persino la propaganda anti-manifestanti è studiata a Teheran.
L’Iran ha troppi interessi in Siria per permettere ai giovani siriani di spodestare il regime e di buttare fuori gli infiltrati iraniani. Attraverso la Siria Teheran controlla i suoi loschi affari in Medio Oriente e può permettersi il lusso di minacciare da vicino Israele. Attraverso la Siria rifornisce di armi Hezbollah, cioè il suo braccio armato al confine con lo Stato Ebraico. In Siria vuole costruire una grande base navale militare da dove poter controllare il Mediterraneo. E’ chiaro che non può perdere la Siria, cosa che avverrebbe con la caduta di Assad. I giovani siriani infatti sono chiari e non chiedono solo riforme democratiche ma anche la fine delle intromissioni terroristiche nel loro Paese.
Ma c’è un’altra analogia tra le rivolte represse nel sangue in Iran quasi due anni fa e quelle siriane di queste settimane: il sostanziale silenzio e disinteresse dei cosiddetti “pacifisti” della sinistra europea. Questi pacifisti sono esultati per le rivolte in Tunisia, per quelle in Egitto, esultano per quelle nello Yemen e parlano di “nuovo corso democratico nei paesi arabi”, ma tacciono vergognosamente sulla feroce repressione siriana così come avevano fatto a suo tempo con l’Iran. Qualcuno in rete sostiene addirittura la tesi (iraniana) che dietro a queste rivolte, chissà come mai, ci sarebbero oscure potenze straniere, esattamente come avvenne in Iran. La realtà è che tutto ciò che nuoce ai nemici di Israele non va bene per i “pacifisti” (o pacifinti) nostrani. Che poi massacrino decine e decine di giovani e pacifici manifestanti per loro è solo un insignificante dettaglio. In questo caso tutto è concesso pur di non minare l’asse del terrore. Io lo chiamo “pacifismo ipocrita” o “a corrente alternata”.
Per la cronaca, manifestazioni si stanno organizzando anche il Libano contro Hezbollah e in Iran contro il regime nazista di Ahmadinejad e dei suoi corrotti compagni di merende, solo che la stampa “pacifista” non ne parla e probabilmente non ne parlerà. Allora ne parliamo e ne parleremo noi perché la vera democrazia è quella che abbatte i tiranni e i regimi teocratici e terroristi, non quella dei Fratelli Musulmani o dei Mullah iraniani.
Sharon Levi