Lo scorso 4 marzo le autorità di Governo della Repubblica Democratica del Congo hanno chiesto ufficialmente alle Nazioni Unite di ritirare dal proprio territorio l’intera forza di pace (MONUC) entro il giungo 2011, cioè al termine naturale della missione così come previsto dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu.
Nel mese di Gennaio, vista l’estrema instabilità esistente in R.D. Congo, specialmente nelle regioni dell’Est (Nord e Sud Kiwu in particolare), le Nazioni Unite avevano optato per l’allungamento dei termini di quella che è la più grande missione di mantenimento della pace delle Nazioni Unite (20.500 uomini). La richiesta del Governo congolese è arrivata però come un fulmine a ciel sereno e ha sollevato non poche perplessità.
Secondo Kinshasa la presenza della MONUC in Congo non ha impedito in varie occasioni ai vari gruppi di ribelli di perpetrare immani stragi. Non solo, le recenti denunce di violenze sessuali che hanno coinvolto alcuni militari della forza di pace Onu (in particolare indiani) hanno minato nella gente del Congo la fiducia verso questa forza di pace. A questo si aggiungono le diverse denunce di varie organizzazioni non governative secondo le quali alcuni ufficiali dell’Onu sarebbero coinvolti nel mercato nero di diamanti, di oro e di coltan. Tutto questo a spinto Kinshasa a chiedere che la missione termini, così come previsto, nel giugno 2011 iniziando sin dal 2010 il ritiro delle forze presenti nella parte orientale del Paese, dove cioè esiste una relativa calma.
Tuttavia, nonostante le ragioni addotte dal Governo congolese non siano del tutto prive di fondamento, noi come altre organizzazioni per la difesa dei Diritti Umani impegnate a vario titolo in R.D. Congo, non possiamo fare a meno di esternare la nostra perplessità sulla decisione presa da Kinshasa. La situazione nel Nord-Est del Paese è ben lungi dallo stabilizzarsi. Vi sono ancora diversi gruppi ribelli che operano nella zona, a partire dal famigerato Lord’s Resistence Army che ha fatto base nel Garamba Park. In Nord e Sud Kiwu diversi gruppi di ribelli hutu la fanno da padrone. Massacri, stupri e violenze di vario tipo sono all’ordine del giorno. L’esercito congolese, sebbene supportato dagli eserciti di Uganda e Rwanda, non è in grado di stabilizzare la regione.
Noi riteniamo che invece che ritirare la missione MONUC sia necessario piuttosto cambiare le ridicole regole di ingaggio della forza di mantenimento della pace, regole che impediscono ai militari dell’Onu di intervenire rapidamente nelle occasioni di crisi. La gerarchia di comando è lunghissima e pachidermica, fatto questo che impedisce ai militari Onu qualsiasi azione di contrasto e risposta immediata ad azioni ostili contro la popolazione da parte di gruppi ribelli. La MONUC si può muovere solo dopo aver avuto dal comando le necessarie autorizzazioni, che spesso arrivano dopo giorni, cioè dopo che i ribelli hanno perpetrato le violenze e se ne sono andati.
Per questo motivo, unitamente ad altre organizzazioni, abbiamo chiesto attraverso un documento trasmesso ieri al Governo della Repubblica Democratica del Congo di rivedere la sua decisione, almeno per quanto riguarda la parte Nord-Est del Paese. Nel contempo abbiamo chiesto alle Nazioni Unite di cambiare le regole di ingaggio alle quali devono sottostare i militari della MONUC, regole che di fatto impediscono qualsiasi interdizione agli atti di violenza perpetrati dai diversi gruppi ribelli contro le popolazioni congolesi.
Secondo Protocollo