Quello che era stato previsto da più parti si è purtroppo verificato. L’anarchia che ha preso il sopravvento nella Penisola del Sinai dopo la caduta di Mubarak, ha partorito una situazione di tensione tra Israele e gruppi terroristici palestinesi che non poteva che sfociare negli scontri a cui stiamo assistendo in queste ore.
Da quando è caduto Mubarak il Sinai è diventato prontamente terra di nessuno sulla quale si sono riversate orde di terroristi e tonnellate di armi iraniane che hanno trovato in questa terra quello sbocco verso Gaza che prima gli era interdetto. Debka File nei giorni scorsi raccontava come un gruppo di Guardiani della Rivoluzione iraniana siano entrati a Gaza attraverso il Sinai con il compito di addestrare i corpi speciali di Hamas alla guerriglia, quella stessa tecnica che abbiamo visto messa in pratica nell’attentato che giovedì scorso ha colpito il sud di Israele e che ha dato il via alla situazione di tensione alla quale assistiamo in queste ore.
La domanda che si stanno ponendo un po’ tutti coloro che in qualche modo seguono le vicende medio-orientali è: a chi giova questo improvviso innalzamento della tensione tra Hamas e Israele? Su questo ci sono diverse tesi. C’è la tesi complottista perorata da Paola Caridi che francamente lascia il tempo che trova e offende le vittime dei sanguinosi attentati di giovedì scorso e non merita nemmeno di essere presa in considerazione. Ce poi la tesi della maggior parte dei filo-palestinesi la quale sostiene che Israele non aspettava altro che la scusa buona per tornare ad attaccare Gaza, anche questa piuttosto labile in quanto Israele dopo Piombo Fuso di scuse buone per tornare ad attaccare Gaza ne ha avute tante e non lo ha mai fatto. Ce n’è una terza, sempre di matrice filo-palestinese, che sostiene che l’attentato di giovedì e il conseguente innalzamento della tensione altro non sia che un escamotage per distogliere l’attenzione dalle proteste sociali dei giovani israeliani. Ma anche questa lascia il tempo che trova, Israele con i suoi giovani ci parla, non come Hamas che li incarcera non appena provano a protestare per qualcosa. Infine c’è la tesi che sicuramente si avvicina di più alla realtà, quella sostenuta dai maggiori analisti mondiali che vede in questo innalzamento della tensione una manovra per distogliere l’attenzione internazionale dai fatti che stanno avvenendo in Siria, senza dimenticare quello che si teme accadrà nelle prossime settimane in Libano dove il Tribunale Internazionale ha emesso quattro mandati di cattura per i responsabili dell’assassinio di Rafik Hariri, quattro alti dirigenti di Hezbollah che il gruppi sciita si rifiuta di consegnare. Siria e Libano sono i capisaldi in Medio Oriente di Teheran e di certo gli Ayatollah non vogliono (e non possono) perderli. Per cui, meglio fare in modo che l’attenzione si sposti su altri lidi, e quale migliore dell’annosa questione tra Israeliani e palestinesi?
Diciamolo francamente, l’attacco portato giovedì scorso a Israele si può senza dubbio inquadrare in una tipologia militare e la mente non può non andare a quelle Guardie della Rivoluzione iraniana entrate a Gaza e delle quali riferiva Debka File. Ora, se due più due fa quattro, dietro all’innalzamento della tensione in Medio Oriente c’è quindi Teheran che agisce per salvaguardare le sue due colonie nella regione, la Siria e il Libano. Lo so, adesso qualcuno si affretterà a dire che io vedo Teheran dietro a qualsiasi cosa succeda in Medio Oriente, ma vorrei essere smentito con i fatti. Se ciò avverrà sarò il primo a chiedere scusa agli Ayatollah e ai suoi seguaci nazi-islamici anche se, lo ammetto, mi farei uccidere piuttosto che abbassarmi a tanto.
Paradossalmente questa situazione danneggia sia Israele che Hamas. Israele perché mette in pericolo le delicate trattative per la liberazione di Gilad Shalit, riprese proprio mercoledì scorso. Hamas perché da quelle stesse trattative poteva ottenere immensi benefici e, forse, staccarsi anche dall’influenza iraniana riprendendo quota anche a livello interno. E risulta assai difficile credere che la tempistica di quell’attentato non sia da collegare a quelle trattative.
Per cui, non spremetevi le meningi per trovare i responsabili di questa situazione e chi se ne giova maggiormente, la risposta è davanti a tutti. Personalmente spero che né Israele né Hamas cadano nel trabocchetto iraniano anche se credo che ormai sia troppo tardi per questa eventualità e che comunque, prima o poi, Gerusalemme dovrà affrontare di petto e definitivamente il problema Hamas. La macchina si è messa in moto e fermarla sarà davvero difficile.
Franco Londei