Onu ostaggio dei palestinesi: UNRWA costretta a fare quello che vuole Hamas

Antefatto: dopo molti anni di “fedele e incondizionato servizio” a favore della causa palestinese l’agenzia Onu dedicata completamente ai palestinesi, la UNRWA (United Nations Relief and Works Agency) decide di cambiare alcune cose nel sul nome togliendo le parole “relief” e “works”  trasformandosi così in “UN agency for Palestinian refugees”.

Nulla di male, fanno sapere dall’Onu, la UNRWA continuerà a essere supina ai voleri dei palestinesi e a mantenere lo stesso assurdo metodo di attribuzione del termine di “rifugiato” applicato, unico caso al mondo, anche ai discendenti dei profughi originali, metodo che nel giro di 60 anni ha fatto lievitare il numero di rifugiati (o considerati tali) da circa 500.000 a oltre 4 milioni. Tuttavia era abbastanza evidente il tentativo delle Nazioni Unite di smorzare le polemiche internazionali sul ruolo e sui costi stratosferici di questa struttura giudicata oltremodo onerosa quando non dannosa per la stabilizzazione dell’area.

Tutto a posto quindi? Contenti i donatori che finalmente intravedono un cambio di rotta nella UNRWA e contenti i palestinesi che continuano a godere di tutti i milioni amministrati da questa assurda agenzia. Invece no. I palestinesi non sono d’accordo. Capiscono che qualcosa (magari lentamente) sta cambiando e che piano piano l’agenzia Onu a loro dedicata dovrà stringere i cordoni della borsa e rivedere i loro parametri di attribuzione dello status di “rifugiato”.

E così scatta la rivolta, ben occultata dai media occidentali che evitano sempre di criticare i buoni e pacifici palestinesi che però di essere considerati come tutti gli altri non ne vogliono sentir parlare. La settimana scorsa, nella Striscia di Gaza, Hamas organizza un protesta (piuttosto violenta ma non tanto da indignare) davanti alla sede della UNRWA per protestare contro il cambio di nome dell’agenzia. Inutilmente i funzionari dell’Onu hanno cercato di far capire ai palestinesi che nulla sarebbe cambiato e che avrebbero continuato a essere supini a quell’assurdo sistema in vigore fino ad oggi. Hanno persino dato garanzie che con questo “strattagemma” i fondi destinati ai palestinesi sarebbero aumentati (come se fossero pochi) in quanto il nuovo nome dava maggiori garanzie ai donatori. Non c’è stato niente da fare. I manifestanti, ben organizzati da Hamas, non hanno voluto sentire ragioni e, temendo invece una “normalizzazione” dell’agenzia, hanno continuato a manifestare arrivando a minacciare “terribili ritorsioni” se le cose non fossero tornate com’erano prima.

Conclusione: la UNRWA è dovuta tornare indietro ripristinando quelle due parole (relief e works) nel suo nome e accantonando il nuovo titolo che poi, alla fine, era solo una specie di maschera contro le obiezioni dei paesi donatori anche se indicava chiaramente un cambio di rotta, magari lentissimo, ma pur sempre un segnale.

Cosa ci insegna tutto questo? Niente di cui non fossimo a conoscenza, cioè che i palestinesi godono in seno alle Nazioni Unite di privilegi che non sono concessi a nessun’altro popolo sulla terra e che se qualcuno prova a cambiare le cose, loro insorgono e minacciano “terribili ritorsioni”. Anzi, il fatto ci conferma che l’Onu è praticamente ostaggio delle pretese palestinesi e che ogni tentativo di cambiare lo stato delle cose provoca una durissima reazione da parte di Hamas che chiaramente non ci pensa nemmeno di perdere il lucroso business degli aiuti umanitari che gestisce per nome e per conto della UNRWA.

Miriam Bolaffi