Le armi in mano a Gheddafi: ecco perché l’occidente ha paura di attaccare

Questa mattina, non appena saputo della decisione dell’Onu di istituire una “no fly zone” sulla Libia, il Rais libico ha tuonato contro l’occidente: se saremo attaccati sarà un inferno. Le parole di Gheddafi non sono state prese sottogamba dagli europei perché le armi in mano del dittatore libico sono tante e tutte “made in Europe”.

Infatti da quando è stato revocato l’embargo delle armi alla Libia, l’Unione Europea ha concesso permessi per l’esportazione di armi in Libia pari a 834,5 milioni di euro nei soli primi cinque anni, ai quali se ne aggiungono altrettanti nel periodo che va dal 2009 al 2011 con una esplosione di vendite negli ultimi due anni. A queste vanno aggiunte le armi vendute da Cina, Russia e Stati Uniti. Stranamente negli ultimi giorni tutti i dati dell’Unione Europea sulle vendite di armi al rais libico sono sparite dai server, tuttavia siamo in grado di stabilire a grandi linee quali tipi di armi siano state vendute alla Libia, armi ancora in mano a Gheddafi. Di certo le armi di cui dispone l’esercito regolare e i miliziani non sono quelle che abbiamo visto in mano agli insorti.

Quelle per noi più pericolose sono i missili. In maggioranza sarebbero (ma il condizionale è d’obbligo) Scud e Frog  vecchi ma sempre in grado di far male. Poi ci sarebbero alcuni Scud di nuova generazione adattati per il trasporto di armi chimiche e la cui gittata è stata aumentata da alcune modifiche. E sono proprio le armi chimiche a destare maggiore preoccupazione. La Libia le produceva nell’impianto di Rabta e nell’impianto sotterraneo di Tarhunah. Fino alla loro temporanea chiusura nei due impianti vennero prodotte oltre 100 tonnellate di armi chimiche in particolare gas nervini. Nessuno ha mai controllato se quelle armi sono state distrutte. Gli impianti hanno riaperto nel 1995 ufficialmente come strutture per la ricerca farmaceutica, ma anche in questo caso nessuno ha mai potuto verificare.

La Libia poi dispone di armi antiaeree di ultima generazione (non quelle che si vedono in mano ai ribelli) e di batteria missilistiche antinave dislocate lungo la costa che potrebbero colpire la navigazione civile (le navi militari hanno diverse contromisure). Ha poi a disposizione navi veloci, motovedette armate, aerei MIG, elicotteri, carri armati ecc. ecc.

Infine c’è il problema del terrorismo. Gheddafi è sempre andato a braccetto con i maggiori gruppi terroristici e non è escluso che negli ultimi anni abbia continuato a mantenere con loro un “rapporto d’affari”. Se non immediatamente spodestato potrebbe seriamente dare il via a una campagna terroristica su ampia scala. E’ già successo in passato.

Ecco i motivi – per niente campati in aria – per cui i governi occidentali stanno titubando nel decidere l’intervento armato a favore dei ribelli. E’ chiaro che gli eserciti occidentali non temono queste armi, ma è altrettanto chiaro che il rischio che, messo alle strette, il colonnello Gheddafi colpisca unità civili o aree limitrofe civili (ricordate Ustica?) è molto concreto e le minacce profuse dal rais non vengono per niente sottovalutate.

Carlo Alberto Cecchini