Libia: preoccupazione per l’arsenale di armi. Chi lo controlla?

La rivolta in Libia ha aperto diversi fronti di preoccupazione tra gli analisti internazionali, dalla possibile infiltrazione di elementi terroristici tra i ribelli, fino alla vera e propria “somalizzazione” della Libia. Una delle maggiori preoccupazione è però quella riguardante l’arsenale di armi libico, più vasto di quello che si credeva anche se forse un po’ obsoleto.

Il problema nasce dalle precedenti esperienze di questo tipo quando cioè grandi arsenali di armi sono finiti in mano ad una guerriglia non propriamente controllata. In passato, ricordano gli analisti internazionali, una parte di quelle armi sono finite nelle mani dei terroristi. In particolare preoccupa il controllo dei missili a spalla SA-7 che sono la prima generazione di missili a ricerca di calore che, seppur datati, nelle mani di un terrorista possono essere usati facilmente contro aerei civili. Il SA-7 è il progenitore dello Stinger con un raggio di azione e caratteristiche sicuramente inferiori a quest’ultimo, ma in grado di abbattere con facilità un aereo di linea privo di adeguate contromisure. Si pensa che di questo tipo di missili a spalla negli arsenali libici ve ne siano diverse centinaia.

I primi a lanciare l’allarme sono stati gli analisti americani della CIA i quali nel vedere le immagini dei rivoltosi libici si sono accorti che alcuni di loro avevano in mano gli SA-7. Oltre a questi missili sovietici, i ribelli hanno accesso a lanciarazzi RPG, un gran numero di fucili mitragliatori di vario tipo e provenienza, esplosivi al plastico, armi di grosso calibro con relativo munizionamento, mine antiuomo e anticarro,persino carri armati. Gli esperti della CIA ricordano come in passato  ogni volta che i civili hanno avuto acceso libero agli arsenali, una parte di questi sia finito nelle mani di gruppi terroristici. In Libia il rischio che ciò avvenga è molto concreto. Quelle armi, ricorda anche C.J.Chivers sul New York Times, valgono ognuna migliaia di dollari e la tentazione da parte dei civili di venderle potrebbe essere davvero molto alta. In una intervista al New York Times, Matthew Schroeder, uno dei maggiori esperti di armi al mondo e direttore del Arms Sales Monitoring Project presso la Federation of American Scientists di Washington, ricorda che il rischio che armi del tipo del SA-7 finiscano fuori dalla Libia in mano ai terroristi è molto alto e che l’intelligence dovrebbe preoccuparsi prioritariamente di questo problema. Secondo Nic Marsh del Peace Research Institute di Oslo in Norvegia, queste armi potrebbero rapidamente finire in Chad, in Sudan, in Algeria o nelle mani di gruppi terroristici palestinesi.

Ma la preoccupazione maggiore rimane sempre quella per gli SA-7. Secondo alcune fotografie scattate e diffuse dal New York Times, i missili a spalla libici sarebbero di tipo SA-7b,  cioè una evoluzione dei vecchi missili sovietici. Un singolo uomo con in mano quest’arma potrebbe facilmente abbattere un aereo di linea. E’ già successo in passato. I gruppi terroristici ricercano con assiduità questo tipo di arma, facile da usare e da trasportare. Il prezzo di questo sistema d’arma è di molte migliaia di euro e qualcuno dei ragazzi libici potrebbe essere tentato di venderlo.

Gli analisti sperano che Gheddafi abbia un dettagliato resoconto dei suoi arsenali e che queste armi possano essere rintracciate e acquistate prima che finiscano in mano ai gruppi terroristici. Purtroppo c’è il dubbio concreto che così non sarà. Per questo motivo l’intelligence si sta muovendo nei confronti degli insorti onde spingerli a porre una sorta di controllo sugli arsenali in loro possesso. La situazione libica non aiuta certo a fare un tipo di operazione come questa ma rimane di prioritaria importanza tentare. Al momento manca una leadership degli insorti con cui poter interloquire e quindi tutto diventa più difficile. Per questo l’amministrazione americana sta cercando con tutti i mezzi di trovare una persona che possa prendere in mano la situazione dei rivoltosi e organizzare al meglio un controllo sugli arsenali di armi. Una persona di questo tipo potrebbe essere l’ex ministro della Giustizia, Abdel Jalil, ma al momento non sembra controllare tutti i gruppi di rivoltosi. Intanto gli arsenali continuano a rimanere aperti e disponibili, anche per i terroristi.

Noemi Cabitza