Mentre si avvicina a grandi passi la data per il referendum che dovrà sancire l’autodeterminazione del Sud Sudan, i preparativi per questo importantissimo evento sembrano marcare il passo anche e soprattutto per lo smaccato ostruzionismo di Khartoum.
Commissione per il referendum – dopo otto mesi di contrasti politici tra Khartoum e Juba, la Commissione per il referendum si è finalmente insediata ed è pronta per iniziare a lavorare. Il primo importantissimo problema che si troverà ad affrontare è quello riguardante la registrazione degli elettori. I moduli per procedere alla registrazione non sono pronti e non lo saranno per almeno tre/quattro settimane. Questo vuol dire che la registrazione degli elettori non inizierà prima della fine di ottobre il che potrebbe essere un grosso problema dato che è molto complicato raggiungere i villaggi sperduti tra le montagne per procedere alla composizione degli elenchi degli elettori. A soli 100 giorni dalla data del referendum non è un problema da poco. Inoltre in almeno una regione( Northern Bahr el Ghazal) le recenti inondazioni hanno provocato lo spostamento di 50.000 persone e ci sono altre regioni con problemi simili. Due mesi per la registrazione degli elettori considerando le migliaia di sfollati potrebbero essere davvero pochi. Se a questo si aggiunge che vanno ancora organizzati i seggi elettorali e addirittura stampate le schede per il voto, si può capire quanto poco sia il tempo a disposizione per organizzare tutto.
La questione di Abyei – questo è forse il problema più serio e che rischia di far degenerare tutto quanto. Tecnicamente buona parte della regione di Abyei farebbe parte del Nord Sudan. Lo ha deciso lo scorso anno la Corte Internazionale di Arbitrato che ha di fatto ridisegnato i confini della regione rispetto a come erano stati definiti nel trattato di pace del 2005 che invece attribuiva la regione al Sud. Il problema non sta tanto nel controllo del territorio o nell’avere un po’ di terra in più, quanto piuttosto nella abbondanza di giacimenti petroliferi di cui la regione è ricca. Secondo quanto deciso dalla Corte Internazionale, la zona dei giacimenti (quella a nord) andrebbe al Nord Sudan, mentre invece la zona a sud, anche questa ricca di giacimenti ma anche ricchissima di grandi distese di terra fertile, andrebbe al Sudan Meridionale. Il fatto ha scatenato le ire dei residenti di etnia Misseriya che si sono visti portare via le ricchissime terre del sud della regione a favore degli abitanti di etnia Ngok Dinka. In base a questa sentenza i Misseriya, a differenza dei Ngok Dinka, sarebbero esclusi dal voto per l’autodeterminazione e la cosa non sta bene ai leader della comunità Misseriya. Nei giorni scorsi è stata avanzata la proposta di attribuire agli abitanti di Abyei, a prescindere dall’etnia, lo status di doppia cittadinanza, proposta subito respinta dal Sudan People Liberation Movement che invece vuole attenersi alla decisione della Corte di Arbitrato. Lo scopo è semplice: escludere i Misseriya dal referendum dove probabilmente molti di loro voterebbero contro l’autodeterminazione per non perdere le terre del sud. Il capo della comunità Misseriya, Babo Nimr Mukhtar, ha detto di non riconoscere la sentenza del Tribunale di Arbitrato e ha affermato di essere pronto a combattere per questo. Da diversi mesi nella regione la tensione tra Misseriya e Ngok Dimka è alle stelle e gli scontri armati hanno provocato centinaia di morti. Khartoum foraggia da dietro le quinte la rivolta dei Misseriya nel tentativo di contrastare il referendum, per questo le minacce di Babo Nimr Mukhtar (se non possiamo votare noi non voterà nessuno. Metteremo a ferro e fuoco la regione) non vengono sottovalutate.
Il riconteggio della popolazione – un altro problema che il Governo provvisorio del Sudan Meridionale si trova ad affrontare è quello del riconteggio della popolazione e quindi del conteggio degli aventi diritto al voto. Le operazioni di registrazione sii basano infatti sui dati dell’ultimo censimento che però il Governo meridionale giudica non realistico e mendace in quanto mancherebbero centinaia di migliaia di persone, soprattutto quelli che fino a qualche mese fa erano ospiti di campi profughi nel nord del Paese. Per questo si sta provvedendo al riconteggio della popolazione, una sorta di nuovo censimento mirato esclusivamente alla regione meridionale che fa infuriare Khartoum che accusa il Governo meridionale di voler truccare i risultati del referendum.
Insomma, a soli cento giorni dal referendum per l’autodeterminazione del Sud Sudan la situazione sembra tutt’altro che tranquilla e stabile. Il Presidente del Sudan Meridionale, Salva Kiir, assicura che nulla potrà impedire ai cittadini del Sud Sudan di votare il 9 gennaio 2011 così come deciso cinque anni fa, ma i problemi da affrontare in così poco tempo sono davvero tanti e difficili. In tutto questo si assiste alla sostanziale indifferenza della Comunità Internazionale che invece di inviare personale a sostegno dell’implementazione del referendum continua a rilasciare dichiarazioni discordanti tra loro che non fanno altro che accrescere la confusione.
Claudia Colombo