Seguire l’esempio iraniano. Sembra essere questo il nuovo mantra dei regimi arabi sul nucleare. D’altra parte visto come l’Agenzia Atomica Internazionale (AIEA) ha gestito e sta gestendo la questione del nucleare iraniano, non c’è da meravigliarsi. Adesso ogni dittatore del pianeta che la mattina si alza con il piede sbagliato vuole un reattore nucleare.
L’ultimo in ordine di tempo a pretendere un reattore nucleare come quello iraniano è il Libano. Lo ha detto ieri il capo di Hezbollah, Hassan Nasrallah, il quale giustamente non vuole essere da meno dei suoi cugini di Teheran. Nasrallah, in un discorso alla televisione sciita libanese al-Manar (il capo terrorista non esce mai dal suo bunker rifugio), ha detto che l’unico modo per contrastare la crisi energetica che attanaglia il Libano è quello di costruire un bel reattore nucleare sul tipo di quello iraniano di Bushehr. Così ha esortato il Governo libanese a fare i passi necessari per iniziare al più presto la costruzione di questo reattore nucleare. Nasrallah ha garantito al Governo libanese che su questo progetto vi sarà pieno appoggio, finanziario e tecnologico, dell’Iran.
Qualche giorno fa era stato il dittatore sudanese, Omar al-Bashir, a dire di voler implementare un programma nucleare in Sudan. Anche in questo caso il Sudan sarebbe assistito dagli ormai espertissimi tecnici iraniani. Naturalmente il fatto che il Sudan sia attraversato da diversi conflitti e che il Presidente Bashir sia ricercato dal Tribunale Penale Internazionale per crimini contro l’Umanità (non certo una persona a cui lasciare piena libertà in campo nucleare) sono solo dettagli secondari. Bashir ne ha già parlato con Ahmadinejad e il dittatore iraniano ha già garantito il pieno sostegno di Teheran.
Anche la Libia vuole riprendere il discorso nucleare interrotto (si presume ma non è una certezza) qualche anno fa. Secondo recenti informazioni, Tripoli avrebbe riattivato in gran segreto il centro atomico di Tajoura, mentre si appresterebbe a fare altrettanto con i centri di Jarmah, Janzour, El Ezeizia, Al Fallah, Sawani, Al Karamia, Al Khalla, Salah Eddin e Sabha, tutti già noti alla AIEA ma ufficialmente chiusi. Naturalmente l’Agenzia Atomica Internazionale non si sogna nemmeno di inviare una ispezione in Libia per controllare lo stato di queste centrali. Basta la parola del Colonnello Gheddafi a tranquillizzare gli ispettori. Che bisogno c’è di andare nel deserto libico a verificare?
Purtroppo quello che temevamo si sta pericolosamente verificando. La completa imperizia dimostrata dall’Agenzia Atomica Internazionale nel caso iraniano, sta scatenando un pericolosissimo effetto domino che deve essere fermato ad ogni costo. Lasciare che personaggi come Nasrallah, al-Bashir e Gheddafi si dotino di tecnologia nucleare sarebbe un errore fatale, così come lo è stato con l’Iran. Le ambizioni nucleari di Libano, Sudan e Libia vanno troncate sul nascere, così come va fermata l’esportazione di tecnologia nucleare dall’Iran e da altri Paesi (Pakistan e Corea del Nord) verso potenziali nuove potenze nucleari, specie se si tratta di violente e sanguinarie dittature.
L’Agenzia Atomica Internazionale deve assolutamente fare il proprio dovere prima che, come nel caso iraniano, sia troppo tardi per fare un passo indietro, prima cioè che i tecnici iraniani, pakistani, o nordcoreani forniscano a questi Paesi la necessaria tecnologia per poter procedere alla implementazione dei progetti in maniera indipendente. Non solo quindi controlli sui siti sospetti ma, soprattutto, controlli sui movimenti dei tecnici e degli esperti. Il mondo non può davvero permettersi altri dittatori nuclearizzati.
Secondo Protocollo