Medio Oriente: le richieste impossibili di Abu Mazen

E così ancora una volta l’inviato speciale per il Medio Oriente del Presidente Obama, George Mitchell, è costretto a tornare a casa senza nemmeno un risultato positivo. Mitchell era nella regione per l’ennesimo tentativo di convincere palestinesi e israeliani a sedersi al tavolo delle trattative, ma ancora una volta le irragionevoli richieste di parte palestinese hanno costretto Gerusalemme a dire di no.

Ieri sera è stato lo stesso Primo Ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, a rendere noto che Israele non avrebbe accettato le pre-condizioni palestinesi per sedersi ad un tavolo di trattative in quanto tali pre-condizioni erano del tutto irricevibili. Sfuma così l’ennesimo tentativo di Mitchell di portare israeliani e palestinesi a discutere della creazione di uno Stato palestinese indipendente.

I motivi del fallimento sono sempre gli stessi, quelli cioè che ormai da oltre vent’anni bloccano la creazione di un Stato palestinese, quelli che però garantiscono proprio ai palestinesi quello status “ibrido” che gli consente di ricevere centinaia di milioni di dollari in aiuti senza doverne rendere conto come fanno gli Stati riconosciuti, quelli che consentono – sempre ai palestinesi – di figurare come un popolo oppresso e “occupato” e quindi bisognoso di aiuti e di supporto internazionale, gli stessi che lasciano aperta quella recondita speranza dello Stato binazionale che tanto sta a cuore ai palestinesi e ad alcune Ong israeliane.

Ma cosa ha chiesto Abu Mazen a Mitchell? Quali sono queste pre-condizioni che Israele non può accettare? Abu Mazen vuole trattare la creazione di uno Stato palestinese partendo dalle frontiere del 1967 e, soprattutto, vuole Gerusalemme come capitale del futuro Stato palestinese. Inoltre vuole il congelamento di qualsiasi insediamento israeliano, vuole il blocco delle demolizioni delle case palestinesi costruite abusivamente a Gerusalemme Est e, giusto per finire in bellezza, pretende dalla Comunità Internazionale che non riconosca Gerusalemme come capitale di Israele. E’ chiaro come il sole che il Presidente palestinese ha posto deliberatamente delle condizioni impossibili da accettare per il Governo israeliano sapendo benissimo che non sarebbero state accolte. Insomma, è il solito giochetto palestinese – ampiamente usato in passato da Arafat – per lasciare le cose immutate.

Secondo alcune fonti vicine a George Mitchell, l’inviato del Presidente Obama ieri sera era inviperito da questo comportamento palestinese tanto da arrivare a mettere in guardia Abu Mazen dal “evitare uno scontro con l’amministrazione americana”.

Ora la parola passa al “Quartetto per il Medio Oriente” (USA, Russia, Unione Europea e Nazioni Unite) il quale nei prossimi mesi dovrà convincere il Presidente palestinese a sedersi ad un tavolo di trattative con Israele senza porre pre-condizioni. Allo studio ci sarebbero una serie di incontri tra rappresentati palestinesi e israeliani sotto la supervisione del “Quartetto” allo scopo di preparare il terreno ad un incontro diretto. I problemi da risolvere però rimangono gli stessi a partire dal fatto che Abu Mazen non può parlare anche per Hamas e quindi per la Striscia di Gaza. Non si vede davvero come qualcuno possa pensare di creare uno Stato palestinese senza tenere in considerazione la Striscia di Gaza che, al momento, è di fatto uno Stato a se stante. Non vorremmo che i palestinesi, con la scusa che il problema è irrisolvibile, cercassero sommessamente di riproporre di nuovo la teoria dello Stato binazionale magari con l’appoggio di qualche grande potenza (Russia e Onu?) lasciando indietro il problema di Gaza e di Hamas. Su questo gli israeliani sono stati chiari: due Stati per due popoli. Ogni altra alternativa non può esistere.

Sharon Levi