Premessa: i giornali occidentali non ne hanno parlato, ma nelle scorse settimane c’è stato un enorme panico tra i risparmiatori iraniani quando è venuto fuori che due delle maggiori banche iraniane stavano andando in bancarotta. La povera gente ha fatto lunghissime file per ritirare i propri poveri risparmi, senza tuttavia riuscirvi a causa di un “improvviso limite al prelievo” imposto dalle autorità.
La premessa è di fatto l’epilogo di una faccenda che va avanti ormai dal febbraio 2009 quando l’Iranian National Audit Office, l’ufficio che si occupa di controllare i bilanci dello Stato iraniano, segnalava un ammanco di un miliardo di dollari dalle casse statali. Ahmadinejad allora sostenne che era un errore contabile dell’Iranian National Audit Office suscitando molti sospetti. A distanza di oltre un anno quella vicenda non è ancora stata chiarita. Secondo diversi oppositori quei soldi sarebbero stati usati da Ahmadnejad per sostenere il terrorismo internazionale. Beccato con le mani nel sacco il dittatore iraniano, che quando fu eletto la prima volta lo fu per le sue promesse di lottare contro la corruzione, decide di cambiare strada e, impossibilitato a prendere i denari governativi, va a prenderli direttamente nelle banche inventando un sistema che nel giro di pochi mesi ha portato le banche sull’orlo del tracollo.
In pratica, come ha ammesso il Governatore della Banca Centrale iraniana, Mahmoud Bahmani, le due banche in questione negli ultimi dodici mesi hanno concesso prestiti a uomini riconducibili al dittatore o alle Guardie della Rivoluzione (in totale solo 300 persone) pari a 47 miliardi di dollari rientrando solamente per 7 miliardi di dollari. La settimana prima che scoppiasse lo scandalo una delle due banche aveva concesso un prestito ad un solo uomo molto vicino al dittatore e appartenente alle Guardie della Rivoluzione per un importo pari a 210 milioni di dollari, una cifra che per l’Iran è esorbitante. Ad una richiesta di spiegazioni da parte di alcuni deputati e dell’ex Ministro degli interni, Mostafa Pourmohammadi (licenziato da Ahmadinejad proprio perché troppo curioso su certe sparizioni di denaro), la risposta è stata secca: tutte le risorse del paese devono essere a disposizione del dittatore e delle Guardie della Rivoluzione per sostenere la lotta del regime e l’esportazione della rivoluzione islamica.
A dire il vero in parecchi pensano che una buona parte di quei soldi finisca nei conti esteri del dittatore e dei suoi scagnozzi, tuttavia è plausibile che buona parte di tutti quei miliardi di dollari finiscano per finanziare le attività terroristiche che il regime iraniano sta implementando in Libano, nella Striscia di Gaza, in Africa e in Sud America.
In sostanza Ahmadinejad, colui che fu eletto perché promise di combattere la corruzione in Iran, non solo è il più grande corrotto dei corrotti, ma fa in modo che sia il popolo iraniano a pagare di tasca propria le ambizioni da piccolo Hitler del dittatore persiano. E chi protesta finisce attaccato per il collo a una gru.
Noemi Cabitza