Le prigioni africane: dove l’Uomo cessa di essere Uomo

Reportage dal Congo di Giorgio Trombatore – Il direttore del carcere di Bukavu mi aveva informato che un vecchio missionario italiano ogni domenica si recava in questo luogo dimenticato da Dio per passare qualche ora con i detenuti. Ad oggi purtroppo non ho avuto ancora il piacere di incontrare questo missionario che a quanto pare ogni domenica dedica il suo tempo tra giovani detenuti in questo girone dantesco. D’altro canto però ho avuto modo personalmente di visitare più volte questo edificio e non ci sono parole per esprimere il tormento che vi ho trovato.

Carcere di Bukavu, Congo

Un carcere superaffollato con oltre 1100 detenuti stipati in androni umidi e malsani. Il carcere di Bukavu è un luogo di grande sofferenza. L edificio in se è una bella costruzione di epoca coloniale che si trova nel cuore di questa città al confine con il Ruanda. Suddiviso in tre bracci si estende dal mercato centrale sino alla provinciale che porta verso il parco nazionale . Due zone del carcere sono adibite per i minorenni e per giovani donne con bambini al seguito, mentre la zona centrale è occupata dagli uomini adulti. Praticamente non esiste una cucina, e gli oltre 1000 detenuti si arrangiano alla meno peggio cucinando con vecchie pentole quello che i famigliari fanno loro recapitare o il cibo che il governo saltuariamente passa a questo penitenziario. Le stanze sono senza luce, umide e sovraffollate. I bagni praticamente sono inesistenti. Un buco per terra e nient altro.

La prima volta che mi recai nel carcere il direttore, un piacevole Congolese sui cinquantanni, mi sconsigliò di visitare il carcere dato che i detenuti da circa una settimana non ricevevano alcun cibo. Il direttore mi disse che non era consigliabile visitare il carcere in quel momento dato che temeva che i detenuti potessero approfittare della presenza di uno straniero per fare esplodere tutta la loro rabbia.

Ricordo che mentre mi intrattenevo con degli agenti di sicurezza potevo udire le urla dei detenuti che dall’androne centrale reclamavano « Chakula » cibo a gran voce. Una guardia carceraria mi accompagnò sino all’ingresso dove attraverso le sbarre potevo vedere centinaia di uomini seduti sotto il sole con un viso disperato che si lamentavano contro il cielo. Qualche tempo dopo ricevetti una telefonata dal direttore che mi invitava a visitare il carcere dato che stando alle ultime informazioni i detenuti erano calmi dato che il cibo era stato distribuito. Così accettai di buon grado per rendermi conto della situazione e per studiare una maniera per come aiutare questi poveri disgraziati. In effetti quel giorno i detenuti avevano ricevuto del cibo e quindi con la pancia piena di fagioli erano più disponibili a lasciarmi curiosare attraverso le loro celle.

Cucine fai da te all’interno del carcere

Iniziammo il giro con l’edificio riservato ai minorenni. Ne incontrai una cinquantina seduti sotto il sole. Alcuni giocavano a carte altri prendevano a calci un pallone fatto di stracci. Non appena entrai fui circondato e così mi sono intrattenuto con loro. La maggior parte dei giovani presenti erano orfani che probabilmente vivono di furti e di espedienti giornalieri. Ho incontrato pure qualche bambino soldato che scontava la pena per omicidio . Del resto in Congo non mancano le milizie che assoldano bambini e che gli stessi poi si macchiano di atroci crimini.

Dopo aver visitato i minorenni, il direttore mi accompagnò presso il settore donne. Qui vi trovai molte giovani donne insieme ai loro bambini. Le condizioni mi parvero più umane ma forse questo era dovuto solamente dal fatto che le donne cercavano di tenere l ambiente più pulito dato che condividevano quelle stanze con i loro figli.

Il dramma fu quando visitai il braccio centrale della prigione quello dei detenuti uomini. I detenuti erano tutti seduti nel piazzale centrale. Non appena entrai nel piazzale mi sentii addosso lo sguardo di centinaia di disgraziati che si chiedevano per quale ragione al mondo mi trovavo in quel luogo funesto.

C’era una moltitudine impressionante di uomini che bivaccava sotto una tettoia per ripararsi dal sole cocente. Altri erano impegnati a cucinare mentre un gran numero di detenuti notai che continuava a passeggiare per lo spiazzale come se fosse lo struscio dei paesi. Il direttore mi fece visitare le docce che si trovavano adiacenti al piazzale. Praticamente chi era seduto per terra o chi passeggiava durante l’ora d aria poteva anche vedere i detenuti che facevano la doccia. L acqua delle docce poi in parte finiva nelle celle dei detenuti dato che il sistema fognario era completamente dissestato. L’unico svago erano delle partite di calcio organizzate tra i detenuti. Notai che presso l’ingresso principale vi erano dei venditori che avevano libero accesso presso il carcere. Si trattava per lo più di venditori ambulanti che offrivano ai carcerati sigarette, noccioline, canne da zucchero. Da dove i detenuti prendessero i soldi per pagare questi beni non riusci a capirlo. Il capo dei carcerieri mi informò che alcuni famigliari facevano pervenire dei soldi ai detenuti, ma rapidamente cambiò discorso ed io preferii non inoltrarmi oltre.

Dopo il giro intorno il carcere fui invitato a visitare la clinica del carcere. Durante la visita notai che un detenuto era accasciato al suolo circondato da una pozza di sangue. Chiesi al medico di turno cosa fosse successo ? (guarda il video) Quest’ultimo borbottò qualcosa circa una discussione tra carcerati finita con una spinta . Mi fermai per un po ad osservare quel giovane che ai miei occhi pareva senza vita. Mi chiesi se fosse meglio per quel giovane essere morto o ritornare in vita in questo luogo funesto. Il direttore parve leggere i miei pensieri e mi lancio` un sorriso dimesso. Quando uscii fuori da quel luogo ero grato a me stesso di essere un Uomo libero.

Giorgio Trombatore