Non era passato nemmeno un minuto dalla consegna di Gilad Shalit da parte di Hamas ai servizi segreti egiziani che una TV egiziana, la Nile TV, ha proposto al mondo la prima intervista al caporale (ora sergente) israeliano appena liberato dopo cinque anni di crudele prigionia, una intervista di uno squallore disarmante non fosse altro per il fondato sospetto che Gilad, senza nemmeno essere visitato, sia stato costretto a fare quell’intervista e a dire le cose che ha detto.
Gilad Shalit ha detto di essere stato trattato bene da Hamas, cosa che fa a cazzotti con le prime immagini del militare israeliano diffuse dai media, un uomo terribilmente smagrito tanto da ricordare immagini di funesta memoria nazista, che cammina a malapena sulle sue gambe, che appare confuso e persino dislessico.
Shalit fatica visibilmente a rispondere alle domande dell’intervistatore, tale Shahira Amin, giornalista accusato da più parti di diffondere notizie false a favore dell’ex dittatore Mubarak e ora rispolverato in quello che sembra uno spot pubblicitario per il nuovo regime del maresciallo Tantawi. Il giovane soldato israeliano sembra addirittura più spaventato di quando Hamas lo costrinse a fare il famoso video che ne attestava l’essere ancora in vita. Shalit ringrazia l’Egitto per la mediazione e sostiene che proprio l’Egitto può essere fondamentale per raggiungere la pace tra israeliani e palestinesi.
Poi si tocca il punto più basso dello sciacallaggio mediatico egiziano quando, senza tanta convinzione e su precisa domanda dell’intervistatore, Gilad Shalit afferma di pensare ai prigionieri palestinesi in carcere in Israele e di capire le loro sofferenze augurandosi uno loro liberazione, come se le condizioni di prigionia nelle quali Hamas lo ha tenuto fossero paragonabili a quelle dei detenuti palestinesi in Israele, gente che ha tutti i Diritti, che mangia diverse volte al giorno, che ha la TV , che legge i giornali, che può vedere i propri congiunti una volta a settimana e che è costantemente monitorata a livello medico. Gente che uscendo dalle carceri israeliane aveva qualche chilo in più di quando ci è entrata mentre Shalit assomigliava tremendamente ad un sopravvissuto all’olocausto. Non solo, l’intervistatore riesce ad insinuare il dubbio che Gilad Shalit pensi che i terroristi detenuti in Israele siano paragonabili alla sua persona soprassedendo sul fatto che da una parte ci sono assassini di civili arrestati e processati regolarmente nel pieno rispetto del Diritto, mentre dall’altra c’è un militare israeliano rapito in territorio di Israele e tenuto in ostaggio per cinque lunghissimi anni senza alcuna garanzia in termini di Diritto.
Insomma, quella prima intervista a Gilad Shalit da parte di Nile TV è stata una vera e propria opera di squallido sciacallaggio ai danni di una persona, probabilmente costretta, certamente intimorita e shoccata che invece di essere uno scoop giornalistico è diventato uno spot per Hamas e per il regime egiziano. Una opera del tutto squalificante che solo una TV araba poteva concepire. Un primo esempio di come gli arabi intendano sfruttare questa vicenda senza alcuno scrupolo e senza alcuna dignità.
Sharon Levi