Desta grande preoccupazione la situazione che si sta delineando nel Sudan Meridionale a seguito delle elezioni nazionali che hanno visto la scontata vittoria di Bashir e in previsione del prossimo referendum per l’autodeterminazione del Sud che si terrà nel gennaio 2011.
Khartoum sta cercando in tutti i modi di dimostrare che la separazione del Sudan Meridionale dal resto del Paese può destabilizzare tutta l’area e che quindi non è nociva solo per il Sudan ma per tutta l’Africa sub-sahariana. Per fare questo ha innescato una serie di focolai che oggettivamente stanno seriamente minando la stabilità del Sudan Meridionale.
L’ultimo focolaio importante in ordine di tempo è quello innescato da George Athor, un ex alto ufficiale del Sudan People’s Liberation Army (SPLA), l’esercito del Sud Sudan. Accusato dal SPLA di aver attaccato con un centinaio di uomini armati, poco prima delle elezioni, una caserma del SPLA uccidendo otto soldati, è in fuga da allora e ha minacciato di voler attaccare una grande città del Sud Sudan. Già nei giorni scorsi aveva attaccato una base di prospezione della Total nello stato di Jonglei provocando la morte di diversi civili. Secondo testimoni (ma la notizia non è confermata) ci sarebbe stato anche un altro scontro con i militari del SPLA dove l’esercito sud sudanese avrebbe perso 36 uomini. Stando agli stessi testimoni George Athor si sarebbe impossessato di un gran numero di armi e di mezzi pesanti dell’esercito sud sudanese.
Secondo il Governo Provvisorio del Sudan Meridionale (Goos) dietro a George Athor ci sarebbe la lunga mano di Khartoum e quindi di Bashir che, nel tentativo di impedire il referendum per l’autodeterminazione, sta armando diversi gruppi ostili al Governo di Juba. Tra questi, sicuramente il più importante è quello dei ribelli ugandesi del Lord’s Resistence Army (LRA) che ormai da anni sta imperversando nei territori che confinano con l’Uganda e con la Repubblica Democratica del Congo (West Equatoria e Bahr al Jabal) provocando centinaia di morti e migliaia di persone in fuga.
L’obbiettivo di Khartoum sarebbe quello di dimostrare alla comunità internazionale che il Sudan Meridionale non è in grado di governarsi da solo. Nei mesi scorsi si era cercato di delegittimare il Governo Provvisorio del Sud Sudan con accuse (poi rivelatesi infondate) di corruzione. Sempre nei mesi scorsi, con una tecnica che ricorda da vicino quella usata in Darfur, pastori arabi molto ben armati avevano attaccato diversi villaggi di agricoltori di etnia Nuba, fatto questo che aveva convinto qualche ingenuo funzionario dell’Onu che fosse in corso una guerra etnica per il controllo dei pascoli. In realtà la posta in palio sono i ricchissimi giacimenti di petrolio del Sudan Meridionale, giacimenti che Bashir non vuole perdere e che invece perderebbe con l’autodeterminazione del Sud Sudan.
Ma le pressioni di Khartoum non si limitano solo alle “opzioni militari”. Da mesi è in atto una forsennata iniziativa diplomatica portata avanti attraverso gli amici del Presidente sudanese e volta a delegittimare il Governo Provvisorio del Sudan Meridionale. In particolare la più attiva sembra essere l’Eritrea seguita a ruota da diversi funzionari dell’Onu (a partire da Ban Ki-Moon) che in varie occasioni si sono detti “allarmati” per una eventuale separazione del Sud Sudan dal Sudan che, a detta loro, provocherebbe una pericolosa destabilizzazione dell’area dei Grandi Laghi.
In realtà il Sudan Meridionale si sta governando da solo dal 2005 (e forse anche da prima) con risultati davvero importanti sotto l’aspetto dello sviluppo e del rispetto dei Diritti fondamentali. Certo, parliamo sempre di un Paese uscito da una guerra durata oltre venti anni e che quindi deve costruire tutto, ma se paragoniamo i successi del Sud Sudan con quelli di un altro qualsiasi paese in via di sviluppo ci possiamo rendere conto di quanta strada ha fatto questo neonato Stato. Ora qualcuno vuole impedire che il Sudan Meridionale vada, come è giusto, per la sua strada. Non possiamo permetterlo.
Articolo scritto da Claudia Colombo (WI)